L'(ancien) Regime

09 Dicembre 2022 15:00 Antonio Di Siena

Quello che applaudiva gaudente e comodamente seduto sulle lussuose poltroncine della Scala non era il popolo italiano.

Nonostante sia stata per due secoli pienamente “popolare”, infatti, oggi l’Opera è tornata ad essere uno spettacolo esclusivo ed elitario. Non foss’altro perché, in un Paese ostaggio di una crisi economica e culturale ultra decennale e senza fine, il popolo ha sviluppato modelli culturali, desiderata e necessità profondamente diversi dall’andare a vedere la prima della Scala. E alla volgare e popolarissima piccionaia che ha rumorosamente e “cafonamente”affollato per decenni preferisce TikTok e il centro commerciale.

Al contrario la platea senile, imbellettata, rigonfia di botox e addobbata di pellicce e lustrini - la stessa che presenzia plaudente agli eventi della Leopolda e di Confindustria - si è presa l’intero teatro. Lo spazio culturale per eccellenza. Esattamente come ha fatto con i media, l’istruzione e gli spazi politici.

È la stessa medio-alta borghesia liberista, speculatrice e parassitaria, che da decenni sopravvive e autoconserva soltanto grazie a intese con gli stranieri e le lobby finanziare, alimentando costantemente quel sentimento anti-nazionale che promuove de-industrializzazione, svendita, privatizzazioni e saccheggio del fu patrimonio pubblico. Una classe di autoproclamati ottimati che sostiene il primato della tecnocrazia sulla politica, l’impoverimento culturale della scuola, la distruzione della formazione e dell’università statale, la trasformazione del figlio dell’operaio da potenziale dottore a sicuramente bagnino o cameriere in un paese irrimediabilmente trasformato in stabilimento balneare permanente. Salvo però mandare i figli a studiare prima al liceo e poi all’estero, per poi poi piazzarli in qualche consiglio di amministrazione. Gente che ciarla di sanità pubblica ma si fa curare nelle cliniche private. Che, in altre parole, ha costruito le sue piccole o grandissime fortune sulle enormi disgrazie dell’Italia e sulla pelle degli italiani.

Cosa ci sia da entusiasmarsi, quindi, fatico davvero a capirlo.

Perché più che un sincero sentimento pubblico, popolare, trasversale e democratico, a me la scena di Mattarella in trionfo che saluta dal palco reale ha ricordato soltanto un bellissimo affresco da ancien régime.
Il Paese reale resta un’altra cosa.

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