È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell’attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente,” Winston Churchill il 5 marzo del 1946
Ad ormai un anno di distanza dall'inizio del conflitto tra Ucraina (e Nato) da un lato e Russia dall'altro si stanno susseguendo gli appuntamenti simbolici dal grande impatto mediatico ma anche dalla enorme portata politica.
Ad aver iniziato la serie di “appuntamenti” è stato Joe Biden arrivato a Kiev direttamente dall'America per dimostrare anche fisicamente l'appoggio statunitense a Kiev e al suo leader Zalensky. In questa visita il presidente americano, per il vero, non ha fatto alcun annuncio importante, se non dimostrare fisicamente al mondo il sostegno degli USA all'Ucraina che si vorrebbe far credere incrollabile. Ovviamente il tutto condito dall'ennesima firma di Old Joe su un atto che autorizza la fornitura di ulteriore assistenza militare e finanziaria all'Ucraina. Non è chiaro peraltro, se questo – come tutti gli altri aiuti arrivati da Washington – siano sotto l'egida della Lend-Lease Act americana appositamente re-introdotta dal parlamento USA allo scoppio della guerra o se siano vere e proprie donazioni. Molto probabilmente si tratta di sostegno sotto l'egida di questa legge, conseguentemente qualcuno un giorno sarà chiamato a pagare; e qualcosa mi dice che non sarà l'Ucraina a farlo ma i paesi europei ormai sempre più ridotti nel ruolo di pagatori di ultima istanza.
Il giorno dopo la visita di Biden a Kiev - tre giorni fa - è stato lo stesso Putin a dare il via agli eventi simbolici con un discorso di fronte al parlamento riunito in seduta comune. Un discorso per certi versi di portata storica che a tratti è stato una vera e propria requisitoria contro l'Occidente Collettivo, accusato di doppiezza a partire dagli accordi di Minsk che si sono dimostrati (per stessa ammissione della Merkel e di Hollande) un semplice escamotage per guadagnare tempo e poter così consentire alla Nato di rinforzare l'apparato militare ucraino e renderlo abbastanza robusto da riuscire a combattere la Russia magari fino a logorarla in maniera sostanziale.
Ma il nocciolo del discorso di Putin è certamente legato al tema della sicurezza strategica della Russia e più in generale al concetto di indivisibilità della sicurezza che – essendo il mondo unico – o è garantita a tutti o non è garantita a nessuno. Putin ha ricordato che sono stati gli USA ad uscire dal trattato che bandiva i missili a medio raggio dall'Europa. Un trattato questo fondamentale per garantire la Pace in Europa. Inoltre Putin ricorda che fu la Russia - nel Dicembre del 2021 - a porre il tema della sua sicurezza alla luce del fatto che la Nato sempre più avanzava verso i confini del paese euroasiatico. Questione questa che portò a colloqui ai massimi livelli tra Mosca e Washington ma che si conclusero con un nulla di fatto.
Alla luce di tutto questo lo Zar dunque annuncia la sospensione del trattato New START sui missili e le testate nucleari strategiche che garantisce di fatto la non proliferazione nucleare. Una sospensione che rende impossibili le ispezioni americane nei siti nucleari russi e che è comprensibile visto che gli USA ormai sono a tutti gli effetti una potenza belligerante contro la Russia e risulterebbe certamente paradossale che mentre invia armi all'Ucraina possa ispezionare le armi strategiche russe compresi i Sarmat, il sistema Avanguard e i missili ipersonici Zhircon e Kinzhal.
Il problema è che la mossa russa rischia di aprire il vaso di pandora della proliferazione nucleare in tutto il mondo. Se i russi decidessero di aumentare i vettori per le loro testate, perché non dovrebbero fare altrettanto francesi, inglesi, americani, israeliani, cinesi, indiani e pakistani? E di conseguenza, perché giapponesi, iraniani, sauditi non possano decidere di dotarsi anche essi dell'arma atomica visto che – magari – i loro avversari storici aumenteranno le loro testate e i loro missili? Un passaggio questo delicatissimo.
A questo discorso di Putin che credo sia lecito definire di portata storica ha replicato poche ore dopo da Varsavia lo stesso Joe Biden. A mio avviso si è trattato di un discorso scialbo e ammantato della solita retorica hollywoodiana della lotta per la libertà e la democrazia. Ma affermazioni sostanziali non ce ne sono state.
Per leggere le affermazioni e gli atti importanti però è bastato attendere qualche ora. Infatti, Biden, a precisa domanda dei giornalisti sui rischi di una spirale nucleare della crisi causata dalla sospensione di Mosca del trattato New START ha risposto che per lui la Russia non userà le armi atomiche. Nella logica americana questo significa solo una cosa: l'invio di armi più potenti all'Ucraina continuerà, conseguentemente la guerra continuerà e se necessario si allargherà, tanto alla fine la Russia anche se entrerà in difficoltà non userà le armi atomiche.
E infine quello che io credo sia il colpo a sorpresa di Biden. Prima di partire ha convocato i nove paesi dell'est Europa all'interno dell'Alleanza Atlantica: Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Slovacchia, Cechia, Ungheria, Romania e Bulgaria. Tutti i paesi della Nato appartenenti alla vecchia Europa, comprese Uk, Francia, Germania e Italia completamente tagliate fuori.
Non sono filtrati ragguagli su quanto sia stato discusso nella riunione ma non possono non venire alla mente le teorizzazioni di Donald Rumsfeld - ministro della Difesa di Bush il Giovane – che divideva l'Europa in vecchia e nuova, dove per “Nuova Europa” bisognava intendere i paesi ex comunisti amanti della libertà, russofobi, revanscisti verso Mosca e pronti a combattere se necessario, mentre per “Vecchia Europa” bisognava intendere i paesi dell'Europa dell'Ovest, ormai imbolsiti, decadenti, imbelli e dunque incapaci di reagire agli eventi.
Una teoria quella Rumsfeld evidentemente mai passata di moda a Washington sebbene di acqua sotto il Potomac ne sia passata in questi vent'anni e che lascia intendere come gli USA intendano sfruttare i paesi dell'Est per continuare ad alzare la pressione su Mosca; e non possiamo escludere che Washington questa sorta di “Giovane Europa” la vuole direttamente scagliare sul campo di battaglia ucraino. Ovviamente con in testa la Polonia che non a caso è diventata - in appena un anno - il paese europeo con l'esercito di terra più potente del continente europeo.
In questo contesto va certamente letto il tentativo diplomatico cinese di disinnescare la crisi. Proprio ieri l'Impero di Mezzo ha infatti pubblicato il “Documento sull’Iniziativa di sicurezza globale (Global Security Initiative, Gsi)”, proposto dal presidente cinese Xi Jinping.
Questa iniziativa punta ad “eliminare le cause alla radice dei conflitti internazionali, migliorare la governance sulla sicurezza globale, incentivare gli sforzi della comunità internazionale per conferire maggiore stabilità e certezza in un’era instabile e mutevole, nonché a promuovere pace e sviluppo globali a lungo termine” e si articola in quattro capitoli (contesto; concetti e principi chiave; priorità di cooperazione; piattaforme e meccanismi di cooperazione). Inoltre è stata pubblicata anche quella che sembra una road map cinese per risolvere la crisi ucraina (1): si tratta di un documento fatto sicuramente di buone intenzioni ma che avrà comunque bisogno di molto tempo per essere accolto, come si intuisce anche dalle tiepide reazioni di Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Biden.
Non mi sembra azzardato dire che comunque queste iniziative cinesi ricordano quei vertici tenutisi tra Russia, Nato e USA prima della guerra: un semplice pro forma per lavarsi la coscienza. Infatti se la Cina parla di pace, sempre più forti arrivano le indiscrezioni di future vendite di armi cinesi alla Russia. Segno che manco Pechino crede ad una soluzione diplomatica a breve.
Per non parlare poi della Nuland che già ha chiarito ieri che gli USA discuteranno della proposta cinese solo se parte dal principio proposto da Zalensky che la Russia deve tornare ai confini di un anno fa. In sostanza affinché gli USA accolgano la proposta cinese, il governo di Pechino dovrebbe chiedere a Putin la capitolazione di Mosca.
La verità è che siamo al muro contro muro, e che stanno nascendo due blocchi contrapposti: quello euroasiatico composto da Russia e Cina e alcuni paesi CSI dell'Asia Centrale e il blocco occidentale composto da USA, Europa, AUKUS (l'Alleanza anglosassone per il pacifico), Giappone e Corea del Sud.
Se siamo fortunati ci attendono venti anni di nuova cortina di ferro. Se siamo fortunati.
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Bibliografia
di Alessandro BianchiE' autore di War Is a Force That Gives Us Meaning (2002), best seller che è stato finalista dei National Book Critics Circle Award. Ha insegnato giornalismo alle università...
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