A che ora è la terza guerra mondiale?

20 Novembre 2023 14:00 Giuseppe Masala

Je les laissais faire

mais je peux dire

que je l’ai vue venir,

moi, la catastrophe.

F. Céline, Voyage au bout de la nuit

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico


Ma la generazione dei nostri nonni era cosciente di vivere quella che gli storici successivamente hanno chiamato Seconda Guerra Mondiale?

Probabilmente la risposta corretta è sì. Ma è tutto da verificare il momento dal quale questa coscienza è diventata sentire comune di tutta la popolazione. Dico questo perché manco gli storici precisamente sono in grado di dire quando iniziò il Secondo Conflitto Mondiale. Per convenzione si prende come data di inizio il primo settembre del 1939 quando la Germania nazista dichiarò guerra alla Polonia. Ma va detto anche che questa è una visione eurocentrica; gli storici asiatici, infatti, tendono a considerare come inizio del Secondo Conflitto Mondiale il diciannove settembre 1931 quando l'Armata Kwantung dell'Esercito imperiale giapponese attaccò la regione cinese della Manciuria. Altri ancora ritengono che la guerra “asiatica” tra Cina e Giappone e quella “europea” non fossero la Seconda Guerra Mondiale perché si trattava di due teatri bellici separati tra diverse potenze e che – conseguentemente - si può parlare di guerra mondiale solo con l'entrata nel conflitto sia contro il Giappone sia contro la Germania nazista degli USA dopo l'attacco alla flotta americana del Pacifico a Pearl Harbur da parte del Giappone. Dunque, secondo questa visione, solo dal sette dicembre 1941 si può parlare compiutamente di conflitto mondiale perché con l'entrata in guerra degli Stati Uniti il conflitto nel Pacifico e quello Euro-Atlantico si saldarono definitivamente in un'unica grande guerra.

Ma anche se andiamo a parlare delle cause del conflitto abbiamo pareri discordanti, anche espressi da autorevolissimi personaggi. Secondo Lord Keynes, la Prima Guerra Mondiale non finì l'undici novembre 1918 con la resa della Germania guglielmina; secondo l'economista inglese la Conferenza di Pace di Parigi non sancì in realtà alcuna pace, fu solo un intermezzo – una pausa di riflessione – nell'ambito della stessa guerra. Tutto scritto nero su bianco nell'opera le “Conseguenze della pace” che il buon John Meynard decise di lasciarci “a futura memoria”: c'è stata, nella sua visione, una sola grande guerra mondiale iniziata nel 1914 e conclusasi nel 1945.

Secondo altri analisti la vera causa scatenante del secondo conflitto mondiale è da ricercarsi nella grande crisi di Wall Street scoppiata nel 1929 che causò disoccupazione di massa e ingenti perdite finanziarie con conseguente instabilità sociale non solo negli USA ma anche in Europa dove presero piede i fascismi con tutti gli strascichi revanscisti, autoritari e militaristi che ben conosciamo.

Insomma, la morale di tutto questo è che non è facile inquadrare un fenomeno storico, tantomeno quando investe l'intero mondo e ha origine in cause differenti tra di loro correlate. Ma è proprio questa complessità ad insegnarci a osservare in un'ottica globale il tempo presente e la difficilissima situazione internazionale che stiamo vivendo.

Infatti vista alla luce degli insegnamenti che possiamo trarre dal passato appare davvero ingenua la pretesa di alcuni (direi purtroppo la maggioranza dei commentatori) che vogliono analizzare i vari focolai di conflitto in maniera separata cercando cause locali al conflitto.

Il conflitto in corso è unico e vede da una parte la Russia e la Cina e dall'altra parte gli USA e la NATO. Si faccia però attenzione: gli occidentali non hanno nulla contro la Russia che è stata un partner affidabile – e anche troppo fedele - fin da quando la Bandiera Rossa dell'URSS fu ammainata dal pennone più alto del Cremlino. Gli occidentali vedono Mosca come un pericolo perché con la sua vasta dimensione spaziale garantisce da Nord totale sicurezza al vero antagonista degli USA e dell'Occidente; la Cina Popolare. Senza contare poi che la Russia è in grado di garantire al Celeste Impero energia e cibo a basso costo per il miliardo e quattrocento milioni di sempre più bulimici consumatori cinesi. Mosca e l'assicurazione sulla vita della Cina e gli occidentali lo sanno benissimo.




Solo in questa logica si spiega la guerra per procura scatenata alla Russia attraverso i fantocci di Kiev. Va da sé ricordare anche che il conflitto russo-ucraino ha permesso agli americani di indebolire enormemente – grazie alle sanzioni - la competitività dei recalcitranti paesi europei a partire dalla Germania. Parlo di alleati europei recalcitranti perché fu Macron a dire chiaramente che la NATO era “clinicamente morta”; evidentemente l'argomento del superamento della NATO era all'ordine del giorno nei tavoli che contano in Europa. Dunque gli americani con la guerra ucraina hanno messo in riga gli europei e hanno iniziato quel lavorio che dovrebbe indebolire la Russia fino a portarla al collasso socio-economico e politico con la sostituzione della sua élite putiniana con un'altra più gradita a Washington.

Chi ipotizza che questo progetto possa interrompersi a causa degli alti costi che l'Occidente deve sostenere non ha ben chiaro di cosa ci sia in ballo: l'egemonia (anche quella monetaria) che gli USA esercitano sul mondo da decenni e il rischio che con la sua fine possa crollare l'intera società americana e occidentale in generale. Gli USA e l'Occidente possono al massimo cercare una pausa tattica per riorganizzare l'esercito ucraino e per trovare il modo, magari, di allargare il conflitto riuscendo a fanatizzare in senso antirusso le opinioni pubbliche dei paesi che potrebbero entrare direttamente nel conflitto. Mi riferisco alla Polonia che sta già conducendo un'enorme operazione di riarmo, ma anche ai paesi baltici e magari anche alla Finlandia che sta anche chiudendo i suoi valichi di frontiera con la Russia. La verità vera è che gli USA non possono perdere la guerra ucraina per nessuna ragione, anche perché una sconfitta porterebbe anche alla fine della NATO magari con l'uscita di quella Germania che s'è vista anche bombardare il gasdotto NorthStream, vero e proprio cordone ombelicale che legava l'industria tedesca all'energia russa.

Basta già l'analisi del quadrante europeo per capire che questo enorme muro di fuoco che parte da Capo Nord e finisce sul Mar Nero e che progressivamente sta separando l'Europa dalla Russia non può essere frutto di un caso, di una guerra locale che poteva essere chiusa in pochissimo tempo e con pochissimo spargimento di sangue, ma è da considerare come parte di un progetto più ampio che solo una iperpotenza come gli USA possono progettare e realizzare. Naturalmente ciò non per capriccio ma per necessità impellente e ormai inderogabile al fine di evitare la perdita dell'egemonia mondiale, non solo dal punto di vista economico e monetaria (la de-dollarizzazione va sempre più avanti da parte dell'asse dei paesi sfidanti capeggiati dalla Cina) ma anche tecnologica e militare.

Solo ricomponendo tutti i pezzi del puzzle – come sarà anche più chiaro guardando anche gli altri quadranti della scacchiera mondiale – sarà possibile riconoscere quella che proprio gli americani chiamano Grand Strategy, la strategia globale che mano a mano Washington disegna come una tela di Penelope al fine di perpetuare la propria egemonia e di battere qualsiasi sfidante: ieri l'URSS e oggi la Cina Popolare. E solo a quel punto sarà possibile farsi un'idea sulla fase di conflitto che stiamo vivendo, indipendentemente da come la si voglia chiamare: “guerra mondiale”, o “guerra mondiale a pezzi” come - con intuizione geniale - l'ha definita Papa Bergoglio. Poco cambia con l'utilizzo dei nomi, l'importante è cogliere i rischi enormi che stiamo correndo.

(Fine Prima parte)

Come avete certamente notato le cartine provengono da vecchi numeri di Limes. Ho scelto di proposito di usare cartine datate del mensile di analisi geopolitica proprio perché chiariscono in maniera plateale come certi processi in corso (assedio alla Russia, strangolamento della Cina, caos globale) siano in corso da molti anni e temo che per molti anni ancora continueranno.

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