di Giuseppe Masala
Fin da subito ho definito come dei veri e propri riti sia la proposta di pace di Putin del 14 Giugno illustrata al Ministero degli Esteri russo di fronte al corpo diplomatico russo e alla stampa, sia la pomposa conferenza di pace del 15 e 16 Giugno convocata a Bürgenstock, in Svizzera, da Washington alla presenza dei suoi paesi satellite a partire, naturalmente, dall'Ucraina.
Dei riti, che a mio avviso, di fatto, avevano la funzione di segnalare un passaggio di stato e dunque una evoluzione del conflitto in Ucraina. Naturalmente rimaneva da verificare, la misura e la direzione della variazione del conflitto, anche se, con buona approssimazione, poteva considerarsi certo il suo inasprimento. Questo poteva essere desunto grazie alle dirette parole dello stesso Putin che aveva avvertito che se la sua proposta di pace non fosse stata accettata dall'occidente, questo doveva ritenersi responsabile dei futuri bagni di sangue che si verificheranno. Specularmente la stessa logica si può cogliere nelle risultanze della Conferenza di Bürgenstock: visto che la Russia non accetta la proposta di pace occidentale, sarà responsabile dei prossimi sviluppi del conflitto.
In meno di una settimana, dal verificarsi di questi due riti uguali e contrari, abbiamo già avuto risposte sul modo in cui si verificherà il passaggio di stato del conflitto. E possiamo dire, senza temere di essere smentiti che siamo di fronte a cambiamenti del tutto inaspettati, almeno in riferimento alla parte russa.
Da parte americana e occidentale i futuri passi sono da tempo resi pubblici e riguardano l'invio nel teatro ucraino di cacciabombardieri F-16, di truppe che almeno formalmente hanno il ruolo di “istruttori”e infine l'ipotesi annunciata anche via twitter dal Segretario della Difesa americano Lloyd Austin di aumento del numero dei missili nucleari in stato di prontezza al combattimento. Dunque, possiamo dire che i piani occidentali prevedono un inasprimento del conflitto contro la Russia grazie all'impiego di armi più distruttive come gli F-16 e all'aumento della deterrenza nucleare come lascia suggerire quando dichiarato da Austin in materia di missili nucleari.
Venendo alla parte russa possiamo dire di essere di fronte a novità sconvolgenti che rovesciano completamente quella che era la logica del conflitto in corso; sempre - sia chiaro -, ammesso e non concesso che una guerra possa avere una logica, soprattutto quando si superano determinate soglie di pericolo.
La prima mossa dello Stato Maggiore della difesa è stato l'invio di una squadra navale nei Caraibi; da notare che tra i mezzi inviati vi è uno dei letali sommergibili nucleari di Classe Yasen, il Kazan, che ha nel proprio arsenale oltre a una selva di missili da crociera che possono essere caricati con testate nucleari, anche gli ugualmente letali missili ipersonici Zircon, in grado di bucare qualsiasi scudo antimissile sia onshore che offshore. Sottolineo che proprio in questo momento, la squadra navale russa, dopo aver fatto tappa al porto cubano de l'Avana, sta tranquillamente incrociando a poche decine di miglia a largo di Miami, in Florida. Certamente non vi è alcun rischio di un attacco russo al territorio degli Stati Uniti ma è sicuramente uno shock per gli americani constatare di avere dei missili potenzialmente nucleari schierati a brevissima distanza dalla loro terra, che da sempre considerano una inattaccabile Nuova Thule perché protetta da due oceani.
La notizia che però è destinata a generare il maggior clamore in relazione alla strategia diplomatico-militare russa è quella che arriva oggi dalla capitale della Corea del Nord, Pyongyang. Infatti durante la visita di stato (la prima dopo 24 anni) di Putin nel paese è stata annunciata la firma di un trattato di Partenariato Strategico Globale tra la Corea del Nord e la Federazione Russa. Si tratta di un accordo che oltre a prevedere una collaborazione in ambito economico e politico instaura una vera e propria alleanza militare dove il primo punto fondamentale è l'obbligo per i due paesi di mutua assistenza nel caso che la controparte venga attaccata militarmente. Altri punti salienti del trattato sono quelli che prevedono sia la facoltà per la Russia di inviare armamenti quali caccia di ultima generazione, sia l'assistenza per il miglioramento del potenziale nucleare della Corea del Nord così da darle la possibilità di colpire direttamente gli Stati Uniti. Insomma, si tratta di una vera e propria alleanza a tutto tondo in grado di cambiare l'equilibrio di forze nel fondamentale scacchiere dell'Estremo Oriente dove Washington è risoluta a cingere d'assedio la Cina, e dove ora si ritrova altri due pericolosissimi nemici pronti a entrare in lizza a anche difesa dell'Impero Celeste sotto assedio. Un dato curioso di questa alleanza è che si confronta, da una parte, con la Corea del Sud che è ancora in stato di guerra con la Corea del Nord e dall'altro lato con il Giappone che è anche esso in stato di guerra (almeno formalmente) con la Russia. Questa è davvero una curiosa circostanza.
Limes: L'impero nella tempesta – n°1 - 2021
In definitiva non sembra azzardato dire che alla strategia di approfondimento del conflitto con la Russia studiata dalla Nato e dagli USA, Mosca abbia deciso di contrapporre un allargamento geografico del conflitto, dimostrando a Washington di essere capace di colpire sia dai Caraibi come dalla penisola coreana. Che la strategia sia questa lo si desume peraltro anche dalle dichiarazioni del vice ministro degli esteri Sergey Ryabkov che in una intervista alla TASS ha dichiarato che Mosca ha discusso in dettaglio con i suoi Paesi partner più stretti in Asia e in America Latina le questioni della sicurezza anche in relazione al possibile invio di armi a lungo raggio (e dunque in grado di colpire gli USA).
Ovviamente è ancora prestissimo per dare delle conclusioni ma verrebbe da pensare che se gli USA da due anni accarezzano l'idea di riuscire a far crollare Mosca debilitandola in un impegno senza fine nelle vaste pianure sarmatiche e sul Mar Nero, dall'altro lato Putin ha dimostrato di essere in grado di allargare il conflitto (o comunque le potenziali aree di crisi) così da sovraesporre Washington ad un impegno troppo gravoso che inizia in Europa, si sposta in Estremo Oriente e infine lambisce i Caraibi e l'America Latina.
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