Cina, Arabia Saudita e futuro del dollaro

di Giuseppe Masala per l'AntiDilomatico

Nei mass media occidentali è passata sotto traccia la visita del Primo Ministro cinese Li Qiang in Arabia Saudita. Nonostante questa disattenzione - probabilmente assolutamente voluta per continuare a dare la percezione al pubblico occidentale che fuori dall'Impero nulla si muove e nulla può esistere di rilevante - si tratta di un viaggio diplomatico di cruciale importanza per comprendere le prospettive future addirittura a livello mondiale.

Si può dire questo partendo dall'assunto fondamentale che non esiste Impero Americano senza egemonia del Dollaro e non può esistere egemonia del Dollaro senza che la divisa statunitense non sia moneta standard per gli interscambi internazionali.

Il punto fondamentale è che non può esistere il Dollaro come moneta standard degli interscambi internazionali senza il meccanismo del petrodollaro che si fonda sul fatto che i sauditi “prezzano” e fanno pagare il proprio petrolio in dollari americani.

Il meccanismo del petrodollaro è in realtà più complesso, sia dal punto di vista economico-finanziario che dal punto di vista diplomatico, perchè per quanto riguarda il primo aspetto il sistema prevede il reinvestimento negli USA (e specialmente in quella fabbrica di dollari sintetici che è diventata Wall Street) dei dollari incassati dall'Arabia Saudita mentre il secondo profilo contempla (come contraccambio) la assoluta difesa diplomatica e militare del trono dei Saud da parte della super potenza americana contro qualunque nemico.

Un complesso meccanismo quello del petrodollaro che va avanti dal celeberrimo 15 agosto 1971, ovvero da quando Nixon annunciò che gli USA avrebbero abbandonato la convertibilità del dollaro in oro stabilita nella conferenza di Bretton Woods. Dunque, quello del petrodollaro è quel meccanismo sostitutivo degli accordi di Bretton Woods che consente agli USA di conservare il predominio del dollaro nel mercato delle monete e, conseguentemente, di rimanere la superpotenza egemonica a livello mondiale.

Ritornando all'attualità è però sempre più potente l'emergere della Cina come fabbrica del mondo, come polo tecnologico e come potenza finanziaria in grado di mettere a repentagli l'egemonia americana anche sotto l'aspetto finanziario e monetario. Per questo il viaggio diplomatico in Arabia Saudita di Li Qiang è stato seguito in maniera molto attenta dagli addetti ai lavori e dai commentatori soprattutto nella speranza di riuscire a capire se verrà implementato il pagamento del petrolio saudita diretto verso la Cina, in Yuan anziché in dollari concordato con i sauditi durante la visita a Riad dell'anno scorso di Xi Jinping.

Bisogna dire che dalle dichiarazioni ufficiali relative ai colloqui tenuti in questi giorni a Riad dal Primo Ministro cinese Li Qiang non vi è menzione dell'avvio del pagamento del petrolio saudita in Yuan, si è solo sottolineato il miglioramento delle relazioni sino-saudite e dell'aumento continuo dell'interscambio commerciale, oltre che degli investimenti tra i due paesi. In maniera obliqua si è accennato comunque al tema della compravendita del petrolio in Yuan quando si è menzionata l'ipotesi di aumento delle quantità di moneta che le banche centrali dei due paesi possono scambiarsi tramite lo swap da 50 miliardi di Yuan (circa 7 miliardi di dollari) concordato tra le parti l'anno scorso. Segno che si intende allargare ancora di più le relazioni commerciali, finanziarie e monetarie tra i due paesi. In questo contesto di allargamento delle relazioni anche di tipo monetarie, vanno lette pure le dichiarazioni del ministro dell'Industria e delle Risorse minerarie Bandar Al-Khorayef durante un recente viaggio in Cina, il quale ha parlato di un importante approfondimento dei rapporti tra Pechino e Riad con investimenti nel settore minerario ma anche in quello delle automobili, dell'aerospaziale e delle energie rinnovabili.

Non sembra azzardato dunque parlare di un continuo avvicinamento dei sauditi all'Impero di Mezzo grazie ad un costante interscambio commerciale, tecnologico e di investimenti reciproci; cosa questa ampiamente notata dagli osservatori più attenti come il dottor Wang Zhimin, direttore dell'Istituto di globalizzazione presso l'Università cinese di commercio ed economia internazionale che ha parlato di nuova alba nelle relazioni tra i due paesi che in relazione al petroyuan ha anche dichiarato: «L'espansione dell'uso della valuta negli accordi per le transazioni energetiche è un processo graduale e a lungo termine che richiede riforme graduali, apertura e selezione naturale del mercato. Inoltre, data la relazione con gli Stati Uniti, il processo di utilizzo dello yuan per regolare le transazioni petrolifere transfrontaliere da parte di paesi come l'Arabia Saudita potrebbe incontrare alcune difficoltà». Wang dunque oltre a sottolineare come il processo di “de-dollarizzazione” del petrolio saudita debba essere lento e graduale, nota anche le possibili difficoltà dovute alle resistenze USA che, ovviamente, non accetteranno di buon grado il ridimensionamento della loro valuta nazionale e conseguentemente l'emergere pienamente dell'Impero di Mezzo come paese sfidante dell'ordine mondiale nato dopo la caduta del Muro di Berlino.

Ed è proprio in questa ottica che anche i terribili conflitti in corso in Medio Oriente vanno visti: Washington usa il suo mastino della guerra di Tel Aviv come agente generatore del caos in tutta l'area così da evitare la penetrazione della Cina soprattutto in Arabia Saudita.

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