La lezione marxiana e schumpeteriana che viene da Pechino

Il Consiglio di Stato cinese, l'organo di governo, ieri, all' Assemblea del Popolo ha deliberato un aumento del rapporto deficit/pil dal 2.8% del 2022 al 3%.

La politica fiscale sarà proattiva, avente come finalità l'aumento della domanda interna. Il Consiglio di Stato ha perciò deciso di creare obbligazioni speciali per i governi provinciali pari a 550 miliardi di dollari per investimenti pubblici.

Si conferma la strategia cinese basata sugli investimenti pubblici, derivante anche da un forte tasso di risparmio che deve essere canalizzato nell'economia reale, volto all'aumento della produttività totale dei fattori produttivi.

Quindi, oltre ai 150 miliardi di dollari decisi ad ottobre per investimenti in ferrovie, dighe, linee elettriche e strade, vi è questo nuovo plafond finanziario finalizzato anche alla costruzione di beni pubblici quali scuole, università e ospedali.

Il Consiglio di Stato, la cui strategia si basa sulla domanda interna, come risposta all'aumento dei tassi di interesse in Occidente per far fronte all'inflazione, e alla diminuzione prevista nel 2023 del tasso di crescita del commercio mondiale, propone l'aumento dei redditi dei residenti urbani e agricoli, per aumentare i consumi e la spesa privata.

Inoltre fa affidamento alle realtà private, assieme allel realtà pubbliche, per colmare i deficit economici nelle aree piu' interne, al fine di avvicinarle alle performance delle aree costiere. Quanto alla politica monetaria, il Consiglio di Stato conferma una politica prudente finalizzata a stabilizzare il cross yuan dollaro.

Oggi le borse cinesi sono stazionarie o leggermente in diminuzione, forse aspettano le risultanze ultime dei lavori dell'Assemblea.

Una nota particolare, ieri Xi ha affermato che il settore manifatturiero sarà sempre piu' centrale in futuro, nonostante la Cina voglia sviluppare i servizi, ed esso sarà alla base della strategia economica del governo, in vista di alta qualità e salto tecnologico.

Due le note da sottolineare. La prima, l'aumento degli investimenti pubblici presso i governi provinciali ha come finalità l'aumento della produttività totale dei fattori produttivi: la Cina rincorre da decenni questo obiettivo per arrivare agli standard occidentali.

Non sappiamo a che livello siano, probabilmente, almeno nelle aree costiere, questo obiettivo lo hanno raggiunto se non superato. Ciò permette la conferma della reflazione salariale, al fine di aumentare l'apporto dei consumi, e dei relativi servizi, al pil continentale.

La seconda, la centralità del manifatturiero si traduce nella volontà di non seguire la strategia occidentale degli ultimi 50 anni che ha distrutto l'apparato industriale, non solo con delocalizzazioni, ma anche con privatizzazione.

La Cina, da paese socialista di mercato con caratteristiche cinesi, vede l'industria come fonte di valore marxiano, base economica di un Paese. L'apporto dell'industria sul pil cinese è attualmente attorno al 30% (Italia 19%). E' come se ci fosse una strategia finalizzata ad aumentare al contempo industria e servizi, non per cambiare l'apporto dei relativi settori, ma per farli marciare assieme.

Nel libro sostenevo che circa il 15% dell'apparato industriale cinese a basso valore aggiunto si sarebbe trasferito nel sud est asiatico e nei paesi sponda Sud del mediterraneo.

Evidentemente hanno creato nuove branche industriali, ad alto valore aggiunto come segno del salto tecnologico.

Si conferma perciò la lezione marxiana e schumpeteriana, che la Cina persegue da decenni.

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