Un anno del governo Meloni e "la doppia separazione di società"


di Pasquale Cicalese


Non so quanto tempo è passato dal governo Meloni, forse un anno. Avevo dato a novembre apertura perché ritenevo che in un contesto in sfacelo il corpora potesse ricreare le strutture statuali.

Invece si è andato esattamente all'opposto.

Innanzitutto si sono distrutti quei pochi fondamenti della Prima Repubblica, specie relazioni internazionali storiche, ma si è messo mano a quanto costruito nel governo 2018. Ora il governo ha un solo obiettivo: separare la povertà estrema che avanza da quel poco che è rimasta della piccola borghesia. A sua volta quest'ultima tosata dall'inflazione, che fa perdere averi bancari, dal capitalismo delle bollette, dalla speculazione e gentrificazione immobiliare, dal creare un clima, specie al nord, invivibile per chi era abituato a vivere in un contesto civile.

Si va sia verso una doppia separazione di società, sia verso un imbarbarimento civile. Il tutto in un contesto di guerra dettato dalle linee di Draghi, Nato, Ue e Usa. Avamposto economico di un modello di società securitaria, come era stata costruita all'epoca di Reagan e Bush. Ovviamente la militarizzazione in questo ha un ruolo, così come la cancellazione di ogni dissenso. Va da sè che qualsiasi costruzione civile culturale viene azzerata in nome della governambilità. Iene politiche che azzannano quel poco che è rimasto dello stato, lo privatizzano, lo fanno proprio, nel mentre si distribuiscono pacchi alimentari nelle periferie metropolitane.

Questo modello di "doppia società" non è afffatto criticato dagli organi ecclesiastici, sia quelli vicini a Francesco sia ai dissidenti. Il loro porsi come avamposti della famiglia, quando nella "doppia società" ciò non è e non sarà possibile, li pone ormai come voci fuori dalla realtà. Mancando anche la voce della Chiesa viene meno qualsiasi tenuta sociale del paese. E' la giungla, come poneva Reagan. Tra poco avremo le recinzioni. Tutto ciò è il frutto di 50 anni di guerra ai salariati, visti ormai come scarti e non è solo il carpentiere o il facchino, ma il barista, il semplice venditore, l'artigiano, tutti uniti in una circolazione capitalistica distributiva che loro non controllano ma che li schiaccia. Benvenuti nel nuovo mondo.

Se la doppia società pone problemi di securitizzazione, occorre porre la questione del salario che non sarà piu' centrale come da secoli accade.

A questo punto la marea di poveri a cui non si dà risposta, che non sono solo indigenti, ma precari, sottocccupati, flessibili, somministrazione, stessi operai a 1300 euro nelle metropoli gli devi dare risposte. Non so se la richiesta verrà da loro ma in un sistema capitalistico dove si ammassano merci, qualcuno li deve comprare e non sarà la carità a soddisfare tale richiesta. Il movimento ottocentesco poneva la questione della riduzione dell'orario di lavoro, ma in Occidente, con il plusvalore assoluto, non ne vogliono sapere, piuttosto delegano lo stato all'integrazione dei redditi o ai bonus. strategia di corto profilo, perché i poveri rimangono. si pone dunque il superamento della centralità del salario così intesa.

Con l'Ai, con le autoelettriche si calcola che il 40% dei lavoratori tedeschi, per non parlare di quelli italiani, perderanno nel prossimo decennio il lavoro. Il capitale ha bisogno di consumi, di consumatori, per valorizzare il valore. Forse solo dall'Asia verrà il movimento dei trasformazione dei rapporti di lavoro ed in questo senso la Legge del Lavoro cinese del 2008 porrà le basi per la riduzione dell'orario di lavoro e il passaggio al plsuvalore relativo. Nel 2023 il capitale occidentale è come avesse perso, perché non ha consumo, non ha redditi, non ha spazi di valorizzazione. Per questo la soluzione Meloniana-Draghiana, ma che è anche di Borrell e della Von der Leyen è fallimentare, perché creeerà sempre piu poveri ingestibili, specie nelle città del nord, abituate alla tranquillità civile.

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