Pubblico la recensione di Sergio Calzolari, manager, al mio libro 50 anni di guerra al salario, che ringrazio:
Il titolo del libro NON lo condivido affatto.
Mi rendo conto che oggi conta anche il marketing. Ma non ne condivido la iperbole, soprattutto in un tempo, nel quale la vera guerra fa migliaia di morti ai confini europei.
Si è dato scontro sociale in Italia, ma mai guerra di classe o di altro tipo. Il realismo è sempre la base di ogni analisi teorica. La politica forse necessita di toni forti
Ma la teoria no, o almeno non dovrebbe.
Nel libro vi sono molti limiti teorici. Il discorso sul medioevo economico verso il quale vengono spinti i lavoratori, e sul ritorno al passato sono problematiche più da comizio politico che da teoria economica, in quanto il capitalismo non può tornare indietro,...mai. Nell'epoca della sottomissione reale del lavoro al capitale (sussunzione totale reale) la centralità è sempre del plusvalore relativo; non può esserci alcun ritorno al plusvalore assoluto.
Altra cosa, per esempio, che non condivido è l'impianto operaista di fondo nella analisi dello sviluppo storico sociale: le lotte spingono al rinnovo del ciclo poiché portano sempre alla sua messa in crisi ed al suo superamento. Questo assunto non lo condivido, ritengo Tronti ed i suoi amici dei confusionari chiacchieroni. E non è un caso secondario che Il Tronti sia stato uomo interno al PCI ed alle sue metamorfosi varie. La teoria non va separata dalla pratica sociale. Mai.
Io preferisco Weber e Shumpeter, per cui ritengo che sia l'innovazione del e nel processo a spingere la frazione dominante ai cambiamenti e che le lotte siano una causale secondaria, quindi un meccanismo intermodale di sviluppo del capitalismo e NON la direzione e motivazione ultima del moto.
Ma questi sono dettagli per un libro che va letto di un fiato. Di corsa. Come un quadro va visto nel suo insieme e va goduto nelle emozioni che muove.
Quindi evviva Pasquale, per la sua indomita coerenza, e per la sua capacità e facilità di pennellare un'epoca lunga 50 anni appunto.
Pasquale è il nostro pittore della lotta di classe. "Credo che per certi versi abbia ragione, ma guardiamo l'Italia e non altri paesi. Quanto all'operaismo sono stato profondamente influenzato dal 77 ma soprattutto dall'unione tra ebraismo e marxismo di Benjamin e ne ho sempre fatto un connubio. Quello che Elisa, la traduttrice spagnola di Piano contro mercato, chiama epica o Sergio pittore della lotta di classe. Forse il film Giu' la testa di Sergio Leone, che vidi a 15 anni, ha influito non poco in questa mia visione della storia del nostro Paese. Sergio vive in Asia, dove respira la modernità e dove nasce l'alba. Noi in fondo siamo il tramonto da sempre, tranne alcune epoche gloriose. E quindi respira il plusvalore relativo, l'innovazione, ma come scrive Max ormai 34 su 44 settori tecnologici sono in mano ai cinesi e qualcosa vorrà dire. Nell'introduzione al libro si scrive di macerie, di distruzione, come scrisse Benjamin a proposito dell'Europa nazista, forse ripetuta in epoca presente. La distruzione del salario sociale globale di classe e l'affermazione dell'oligarchia finanziaria. In Usa c'è innovazione, ma anche zombie, l'altra faccia della medaglia, non presente in Asia. Mi si parla di futuro, ma solo per me la reminiscenza del passato potrà farci trovare le radici per risorgere. Ed in questo, al momento, non vedo segni, tutt'altro."
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