Licenziamenti, con il vincolo esterno dell'UE siamo tornati al '700

28 Luglio 2021 13:00 Gilberto Trombetta

Com’era facilmente prevedibile, ecco cosa è successo dopo lo sblocco dei licenziamenti:
- primo lavoratore licenziato, un invalido.
- licenziati 152 lavoratori di Giannetti Ruote.
- licenziati 422 lavoratori di Gkn.
- licenziati 350 lavoratori di Whirlpool.
- licenziati 106 lavoratori Timken.
Con la conseguente distruzione, ovviamente, del relativo indotto.
Perché era prevedibile?
Perché da quasi 40 anni è stata scientemente ricercata – e ottenuta – la distruzione del potere negoziale del lavoro rispetto al capitale.
Questo è stato ottenuto in diversi modi, ma sicuramente i due più importanti sono stati l’arretramento dello Stato dai rapporti che determinano il contenuto sociale dello sviluppo di un Paese formato dai rapporti tra Capitale-Lavoro, Lavoro-Stato e Capitale-Stato.
È stato ottenuto insomma togliendo la piena occupazione dagli obiettivi dell’intervento dello Stato nell’economia.
Questo in Italia è stato possibile col vincolo esterno, cioè con l'adesione all'Unione Europea prima e all'Eurozona poi.
All’arretramento dello Stato bisogna poi aggiungere 30 anni di aggressione ai diritti dei lavoratori: dall’eliminazione della scala mobile al Jobs Act passando per la riforma Biagi.
Il risultato è stato quello di una polarizzazione del potere economico e sociale tra lavoro e capitale. Ovviamente a favore di quest’ultimo.
E così nell’Eurozona il potere negoziale del capitale rispetto al lavoro, oggi, è uguale a quello del 1767-79.
Prima del Covid era quello del 1872-76.
Un salto indietro di un secolo. In poco più di un anno.
Il peggior dato tra i Paesi avanzati.
L'ennesimo successo dell'euro.

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