Una giornalista palestinese è stata uccisa da alcuni soldati Israeliani, e il giorno del funerale la polizia non ha esitato a caricare la folla del corteo in prossimità del feretro, che ha rischiato di cadere per terra. Quanto accaduto è così disgustoso che non solo l'UE e l'ONU, ma persino gli USA hanno hanno protestato.
Da parte di molti opinionisti e leader politici c'è però molto imbarazzo.
Le rimostranze sono tutte formali, espresse attrverso anonimi comunicati. La retorica dell'orrore di cui traboccano i giornali e i servizi televisivi è stata sostituita dalla cronaca asettica.
In Italia anche gli specialisti del moralismo lacrimevole, come Roberto Saviano o Massimo Gramellini, tacciono nel rispetto del loro mandato di intellettuali conformisti.
Tutti gli uomini e tutte le donne sono uguali, ma qualcuno lo è un po' di meno e non merita la stessa compassione, lo stesso trasporto.
Da quando la razionalità politica delle democrazie appartenenti al club occidentale è andata a farsi benedire, l'emotività ha assunto una funzione determinante, da dosare per orientare l'opinione pubblica, ovvero per dividere il mondo in buoni e cattivi.
Metti mai che qualcuno si impressioni troppo e passi dall'indignazione alla riflessione per così scoprire che la morte della giornalista palestinese è solo la punta dell'iceberg di un sistema di dominio che non solo Israele, ma molte democrazie "perbene", inclusa la nostra, esercitano sulle popolazioni oppresse di mezzo globo.
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