di Thomas Fazi
Luigi Marattin definisce una "bufala" la notizia secondo cui la Germania avrebbe stanziato 550 miliardi per l'emergenza #coronavirus, perché quelli non sono soldi che caccerà lo Stato tedesco ma solo garanzie che lo Stato tedesco ha attivato a favore della banca pubblica tedesca KfW (l'equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti), che è stata autorizzata a concedere liquidità alle imprese tedesche in affanno per un ammontare equivalente. Dunque, dice Marattin, non si tratta di spesa pubblica, almeno non nell'immediato, nel senso che lo Stato tedesco dovrà effettivamente tirare fuori i soldi solo se in futuro la banca non dovesse essere in grado di riscuotere dei crediti.
Tecnicamente è vero. Dal punto di vista macroeconomico, però, cambia poco. Quello di utilizzare la KfW - che opera a tutti gli effetti come una banca privata - per finanziare l'economia senza impattare sul bilancio pubblico è infatti un trucchetto contabile a cui la Germania ricorre da anni. Come recita un articolo del "Sole 24 Ore" di qualche anno fa, «attraverso la KfW, il governo tedesco canalizza tutta una serie di operazioni - finanziamenti a tassi agevolati a piccole e medie imprese, infrastrutture locali e sociali, export, sviluppo ecc. - che altrove figurerebbero nei conti dello Stato per cifre ingenti». Basti pensare che la banca ha un attivo di quasi 500 miliardi, che se fossero conteggiati nel deficit/debito pubblico tedesco lo farebbero lievitare enormemente.
Come si diceva, la KfW è per certi versi simile alla nostra CDP: anche quest'ultima, come la KfW, è all'80% di proprietà dello Stato. E allora non potremmo fare lo stesso anche noi, utilizzando la CDP per iniettare nell'economia tutta la liquidità necessaria senza far pesare tale spesa sul debito pubblico e dunque senza preoccuparci dell'autorizzazione degli strozzini di Bruxelles? Purtroppo no. I debiti contratti dalla CDP, infatti, entrano nel conteggio del debito pubblico italiano; i debiti contratti dalla KfW no. Merito di una regola contabile dello Stato tedesco che esclude dal debito pubblico le società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e contributi.
Uno dei tanti "trucchetti" che in questi anni hanno permesso alla Germania di sostenere le proprie imprese con centinaia di miliardi e allo stesso tempo di presentarsi come i virtuosi d'Europa. E che oggi permette alla Germania di avere liquidità infinita per combattere il coronavirus mentre noi dobbiamo elemosinare ogni singolo centesimo all'Europa e ai mercati. Ma sbaglieremmo a prendercela con la Germania, che non fa altro che difendere i propri legittimi interessi nazionali. Piuttosto dovremmo prendercela con le élite economiche e politiche italiane che hanno sacrificato il nostro interesse nazionale sull'altare del "sogno" - o meglio dell'incubo - europeo.
AGGIORNAMENTO DEL 15 MARZO: RETTIFICA SULLA QUESTIONE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (CDP)
Ieri ho fatto un post in cui mettevo a confronto la banca pubblica tedesca KfW - al centro del piano straordinario da 500 miliardi appena messo in campo dalla Germania - e la nostra Cassa Depositi e Prestiti (CDP), sostenendo che la differenza principale tra le due consisteva nel fatto che i debiti della prima non erano conteggiati nel debito pubblico tedesco mentre i debiti della CDP, in virtù di un diverso regime contabile adottato dall'Italia, entravano nel computo del debito pubblico italiano. Mi ero basato su diverse fonti "autorevoli", tra cui un articolo dell'ex vicedirettore ad personam del "Corriere della Sera" Massimo Mucchetti in cui si afferma che «le obbligazioni della KwF magicamente non entrano nel conto del debito pubblico tedesco», mentre «il debito della CDP è per tutta la parte coperta da garanzia pubblica conteggiato nel debito pubblico».
A quanto pare, però, ho preso un granchio (in effetti, mai fidarsi del "Corriere della Sera"). Diverse persone, che ringrazio, mi hanno infatti fatto notare che in base alle regole della contabilità europea i debiti della CDP - con o senza garanzia pubblica - sono esclusi dal conteggio pubblico esattamente come quelli della KfW. Da questo punto di vista, dunque, non sembrerebbero esservi differenze tra le due banche.
Esistono però differenze di altro tipo, che potrebbero spiegare il ruolo molto più "interventista" giocato dalla KfW in questi anni rispetto alla CDP: la KfW è, appunto, una banca pubblica che dunque può essere considerata a tutti gli effetti un "braccio" dello Stato tedesco, che infatti la utilizza per offrire crediti alle imprese e agli enti locali a tassi agevolati (non di mercato) ecc.; la CDP, invece, pur essendo per l'80% di proprietà dello Stato, a differenza della KfW - e delle altre sue controparti europee - non è un ente di diritto pubblico ma una società per azioni (S.p.A.), che dunque è tenuta ad operare a condizioni di mercato - «requisito fondamentale per il mantenimento della sua classificazione al di fuori del perimetro delle pubbliche amministrazioni (con conseguente deconsolidamento del suo debito dal debito pubblico ai sensi della contabilità europea)», secondo le parole del suo ex presidente Franco Bassanini - e a cui lo Stato, almeno formalmente, non può imporre di svolgere o di non svolgere una determinata attività.
Ciò detto, pur tenendo presente che sarebbe auspicabile una trasformazione di CDP in banca pubblica quanto prima, è lecito immaginare che anche queste distinzioni formali vadano a farsi benedire in una situazione di emergenza come questa. Ci aspettiamo dunque che il governo utilizzi tutta la "potenza di fuoco" di CDP per sostenere l'economia in questo momento di crisi.
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