In Italia, ci fa sapere l'Ufficio parlamentare di bilancio, il tasso di disoccupazione reale in Italia è del 25 (venticinque) per cento e in salita.
Nel frattempo, dopo 18 mesi di pandemia:
- non è stato investito un euro nella sanità territoriale (anzi, dal 2023 si annunciano nuovi tagli alla sanità per 300 milioni);
- non si è messa minimamente in discussione la regionalizzazione e la privatizzazione del sistema sanitario nazionale;
- non è stato fatto nulla per potenziare il trasporto pubblico locale;
- non è stato fatto nulla per ampliare le infrastrutture scolastiche, né per stabilizzare le migliaia di insegnanti precari;
- non è stato fatto nulla per riassorbire le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro.
- si è intensificata la pluridecennale guerra al lavoro, attraverso lo sblocco dei licenziamenti, l'accelerazione dei processi di delocalizzazione produttiva; l'ulteriore peggioramento dei salari in molti settori; l’aumento della precarietà, con l’esplosione dei “lavoretti” on-demand tramite app nel settore della gig economy; il peggioramento delle condizioni lavorative (a partire dai mancati dispositivi di protezione anti-contagio, soprattutto nei primi mesi della pandemia) e l’aumento degli orari e dei ritmi di lavoro, soprattutto con la normalizzazione del cosiddetto smart working;
- sono aumentate drasticamente le disuguaglianze: ben lungi dal rivelarsi una livella, la pandemia ha enormemente acuito le disuguaglianze economiche, sociali e culturali e ciò e? stato accompagnato da un visibile aumento della povertà (ben un milione di persone in povertà assoluta in più solo nel 2020);
- si è drammaticamente acuito il processo di neofeudalizzazione del capitalismo: da un lato, la pandemia e le relative misure di contenimento hanno impresso una drammatica accelerazione al processo di deindustrializzazione e di distruzione del tessuto della piccola e media impresa e dei commerci locali italiani, già in corso prima della pandemia, creando le condizioni perfette per la predazione di tali attività (o per via acquisitiva o per semplice cattura delle quote di mercato) da parte di realta? di grande dimensioni e possibilmente con struttura multinazionale (tra cui anche le mafie); dall’altro, la pandemia ha enormemente aumentato i profitti di un manipolo di “megamultinazionali” operanti soprattutto nei settori del digitale (Amazon über alles), della finanza e della farmaceutica, spesso e volentieri intrecciate tra di loro a livello proprietario, capaci di esercitare un’influenza enorme sui governi nazionali. Tutto ciò sta determinando livelli osceni di oligopolizzazione del mercato (e del potere in genere) – una vera e propria nuova economia globale del latifondo –, con implicazioni drammatiche non solo per quello che riguarda le disuguaglianze (economiche, politiche, culturali) ma anche e soprattutto per la stessa tenuta democratica;
- abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a una violazione sistematica della Costituzione, già ampiamente disattesa da decenni, determinata da uno stato di eccezione, non tipizzato dalla carta costituzionale e motivato su base sanitaria, su cui sono collassati diversi diritti fondamentali e presidi alla separazione e al bilanciamento tra poteri dello Stato;
- si è svuotato quel poco che rimaneva della nostra democrazia e sovranità popolare, già duramente provate da vent’anni di unione monetaria, attraverso la definitiva normalizzazione della legislazione d’emergenza; il trionfo della governance tecnocratica, di cui Mario Draghi è l’incarnazione vivente; la marginalizzazione pressoché totale del Parlamento; la sterilizzazione di qualunque conflitto determinata da un governo che gode del sostegno (de facto) di tutte le forze parlamentari e dall’assenza (de facto) in Parlamento di un’opposizione che possa definirsi tale;
- si è rafforzato il cappio del "vincolo esterno" europeo per mezzo del cosiddetto “Recovery Fund”, i cui paesi beneficiari dovranno rispettare le raccomandazioni specifiche per paese della Commissione europea, che abbracciano praticamente ogni aspetto della politica economica dei paesi membri – politica fiscale, mercato del lavoro, welfare, pensioni ecc. –, oltre ai nuovi obiettivi (“Green Deal” e digitalizzazione), in linea con la sorveglianza rafforzata dei bilanci nazionali prevista dal Semestre europeo; allo stesso tempo, sarà sempre la Commissione a decidere come dovranno essere spesi in soldi (il grosso dei quali saremo comunque tenuti a restituire);
- continua il declassamento dell’Italia nella gerarchia europea: i processi di riorganizzazione produttiva favoriti dal “Recovery Fund” – nella direzione del digitale e dell’economia apparentemente green – hanno l’unico obiettivo di rafforzare la catena del valore collegata all’asse portante dell’Unione europea, cioè quello franco-tedesco; di conseguenza, le uniche produzioni italiane che verranno salvate saranno quelle integrate in tale catena; tutte le altre produzioni, soprattutto quelle rivolte al mercato interno, che in quest’ottica di riorganizzazione sono perdenti, verranno lasciate morire;
- si prepara il terreno al ritorno dell'austerità più feroce (e dunque ad ulteriori tagli al welfare): gli ultimi Documenti di Economia e Finanza (DEF) del governo prevedono, per il triennio a venire, riduzioni di deficit pubblico mai viste nella storia della Repubblica, promesse all’Europa per i prossimi tre anni, che non faranno che aggravare ulteriormente il tessuto economico e sociale del paese;
- assistiamo a un tentativo di normalizzare la progressiva dematerializzazione delle nostre vite: per mezzo della smantellamento dei commerci locali da un lato e della diffusione capillare della digitalizzazione dall’altro, non solo come modalità di prestazione del lavoro, ma anche nell’ambito dell’istruzione (DAD) e della formazione, stiamo assistendo a una progressiva dematerializzazione delle relazioni sociali (con conseguente scomparsa dei centri di aggregazione sociale e di conflitto) e all’imposizione surrettizia di un nuovo modello, apparentemente green, non solo di economia e di consumo, ma di vita associata e di comunità, in cui quest’ultima si discioglie a favore di individui sempre più isolati, distanti e atomizzati.
Ecco, se si comprende tutto ciò, si comprende perché il governo abbia tutto l'interesse a - anzi, la necessità di - polarizzare all'estremo lo scontro tra "pro-vax" e "no-vax" e alimentare una strategia della tensione che punta evidentemente a creare un clima da guerra civile nel paese, con l'obiettivo altresì evidente di criminalizzare e delegittimare qualunque critica alla folle gestione pandemica del governo, nonché a deviare l'attenzione dagli innumerevoli focolai di crisi economica e sociale che stanno scoppiando in tutto il paese. Vediamo di non cadere nella trappola.
Di questo e di molto altro parleremo il 19 settembre a Roma insieme a tanti ospiti di eccezione:
- Warren Mosler (economista, fondatore MMT)
- Geminello Preterossi (filosofo, Università di Salerno, IISF)