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Sono ormai settimane che, sull'onda dell'approvazione da parte della FDA e dell'EMA del vaccino Pfizer per i bambini dai 5 agli 11 anni - a cui è seguita l'approvazione, fin troppo scontata, dell'AIFA - che ci sentiamo dire dalle istituzioni italiane (AIFA e ISS in primis) che «c'è un chiaro aumento del numero di contagi» in quella fascia d'età e che anche nei bambini piccolissimi il Covid «può avere conseguenze gravi, che possono richiedere il ricovero in terapia intensiva», da cui la necessità di procedere il prima possibile alla vaccinazione di massa anche nei bambini dai 5 anni in su (con l'auspicio, dicono, di estendere quanto prima la vaccinazione anche ai bambini sotto ai 5 anni).
A sentire certe parole, qualunque genitore sarebbe giustamente preso da un senso di angoscia all'idea che il virus abbia cominciato a prendere di mira anche i più piccoli.
Ma di che numeri parliamo esattamente? La risposta la troviamo nell'ultimo bollettino dell'ISS del 24 novembre, da cui apprendiamo (p. 12) che nelle ultime settimane si è evidenziata «un'impennata» - testuali parole - del tasso di ospedalizzazione nei bambini sotto ai tre anni, che è passato da 1 (un) ricovero per 100.000 abitanti a... «poco sopra i 2 [due] ricoveri per 100.000 abitanti». Nelle altre fasce d'età - 3-6 e 6-11 anni -, apprendiamo sempre dall'ISS, il tasso di ospedalizzazione è invece rimasto stabile a circa... 1 (un) ricovero per 100.000 abitanti (vedi la figura 1).
Sempre dall'ISS apprendiamo, tra l'altro, che nella fascia d'età 0-19 anni, tra i pazienti attualmente positivi, solo lo 0,20 per cento circa presenta uno stato clinico «severo», mentre nessuno dei pazienti presenta uno stato clinico «critico» (figura 2).
Insomma, il numero di bambini ospedalizzati sotto gli 11 anni è talmente basso che nel conteggio generale delle ospedalizzazioni dell'ISS quella fascia d'età non viene neanche calcolata: come si può vedere nella figura 3, la prima fascia d'età che viene presa in considerazione è quella che va da 12 ai 39 anni, che comunque negli ultimi 30 giorni ha registrato un totale di 23 ricoveri in terapia intensiva e 8 decessi (tutti non vaccinati a parte uno, così facilitiamo la vita ai fact-checker).
Questa la situazione allo stato attuale. E per quanto riguarda la situazione pregressa? È sempre l'ISS (figura 4) a farci sapere che dall'inizio della pandemia ad oggi si è registrato, nella fascia d'età dai 6 agli 11 anni, un totale di 14 decessi (quasi tutti con patologie pregresse molto gravi), pari a un tasso di letalità - ovverosia ad una probabilità di morire in caso di contagio - pari all'incirca allo 0,004 per cento.
Detto diversamente, se un bambino in quella fascia d'età viene contagiato dal Covid ha una probabilità di sopravvivere pari al 99,996 per cento (che sale praticamente al 100 per cento nel caso di un bambino sano). E possiamo presumere che oggi il rischio sia ancora più basso considerando che molti bambini avranno già contratto il Covid in maniera asintomatica e avranno dunque sviluppato un'immunità naturale al virus.
Qual è il punto di questo pippone? Non convincere qualcuno dell'opportunità o meno di vaccinare i bambini in quella fascia d'età (tema che ho già trattato in separata sede e su cui avremo occasione di tornare), quanto evidenziare lo scollamento ormai assoluto tra la realtà e la comunicazione ufficiale.
Giudicate voi, infatti, se i dati che ho presentato siano sufficienti a giustificare la campagna martellante che va avanti da settimane sui "gravissimi e crescenti" rischi che il Covid comporterebbe per i bambini, o se siano in qualche maniera collimanti con quello che vi sarà indubbiamente capitato di leggere o sentire sui mass media. E se non sia naturale, di fronte a questa comunicazione così spregiudicatamente propagandistica, che sempre più persone abbiano perso fiducia nella narrazione istituzionale - sul Covid come su tante altre cose.
Qui il problema di fondo è che ha ormai preso piede, a livello di complesso tecno-politico-mediatico, l'idea che per convincere i cittadini ad accettare una determinata politica governativa (magari ritenuta, in perfetta buona fede, un bene superiore) sia lecito ricorrere a qualunque tecnica di propaganda, inclusa la manipolazione e la menzogna più becera. Certo, il problema della parzialità della comunicazione mainstream non è nuovo, ma è evidente che con la pandemia abbiamo assistito a un drastico salto di qualità.
Qui è in gioco il diritto a farsi un'opinione informata sulla base di un dibattito aperto e trasparente. Ad essere trattati come cittadini e non come sudditi o come bambini, per rimanere in tema. E la cosa dovrebbe preoccupare tutti, a prescindere dall'opinione che sia abbia sulla specifica questione in oggetto.