Che Draghi se ne vada a casa è ovviamente una buona notizia. A voler essere generosi anche il rifiuto del Parlamento di concedergli "pieni poteri" può essere salutato positivamente da un punto di vista prettamente simbolico. Ciò detto, si tratta più che altro di teatro.
Draghi o non Draghi, finché non verrà messa in discussione l'architettura dell'eurozona, il paese rimarrà comunque eterodiretto dall'esterno, indipendentemente da chi andrà al governo. In un certo senso Draghi, ieri, con la sua richiesta di pieni poteri, ha cercato di formalizzare questo dato di fatto e i partiti non l'hanno accettato, come se, incapaci di fare i conti con la dissonanza cognitiva tra assetto istituzionale formale e assetto istituzionale "reale" del nostro paese, abbiano voluto per un breve istante convincere se stessi - ma forse più che altro noialtri - di contare ancora qualcosa.
Ma la verità è che nella sostanza cambierà ben poco e i primi a non poterlo ammettere sono proprio i partiti stessi. In ultima analisi, il nostro vero dramma è quello di avere una classe politica che al massimo si accontenta di cacciare il secondino di turno - nella speranza di prendere il suo posto - invece di porsi il problema di come uscire dal carcere.
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