Covid-19 e crisi economica: dalle virate linguistiche alla possibilità di reagire

di Sara Reginella


In queste settimane si è parlato molto delle conseguenze psicologiche dovute all’isolamento per l’epidemia da covid-19, meno di quelle dovute alla crisi economica che sta attraversando i paesi.

Accanto al disagio di chi è isolato nella propria abitazione e a quello di chi, nell’isolamento, è coartato in convivenze familiari difficili, vi è il dramma di chi, nell’interrompere bruscamente il lavoro, rischia il fallimento della propria attività e sopravvive ora con limitate risorse economiche. Crisi identitaria, vissuti penosi e crolli interiori di varia entità possono essere esperiti da coloro che, oltre a subire le pene dell’isolamento, attraversano le difficoltà di un buco nero finanziario.

Il benessere di ognuno, di fatto, non è connesso solo a bisogni sociali e relazionali. Il benessere è connesso prima di tutto a quella sicurezza economica che in questa società permette, citando lo psicologo Abraham Maslow, il soddisfacimento di bisogni primari: fisiologici e di sicurezza, dalla disponibilità di cibo a quella di un tetto.

Riflettere perlopiù limitatamente sui rischi dell’isolamento e quindi sui bisogni sociali insoddisfatti, allontana dalla consapevolezza di un dramma altrettanto grave, quello vissuto dalla moltitudine di persone, nel Mondo, che stanno subendo i contraccolpi di un collasso economico dovuto a un virus che ha evidenziato, in primis, le disparità sociali.

È meno spaventoso maneggiare la frustrazione legata al disagio conseguente la perdita del soddisfacimento di bisogni sociali, rispetto al toccare con mano la paura che deriva dall’insoddisfazione di bisogni arcaici, legati alla sopravvivenza.

Minacce connesse all’impoverimento globale, stimolano infatti paure primordiali.

Ma è di fronte a queste paure paralizzanti che occorre reagire, lottando con forza contro i rischi di un immobilismo e di un annichilimento interiori.

In tal senso, occorre vigilare, restando consapevoli di ciò che sta accadendo, e mantenere la cognizione che le persone, se necessario, hanno il diritto di opporsi.

In un simile contesto, in questi giorni, si è molto discusso di fondi economici per la stabilità finanziaria.

Da un punto di vista della consapevolezza dei meccanismi comunicativi, colpisce subito il linguaggio utilizzato mediaticamente in queste giornate.

Si è spesso fatto riferimento a un piano di “aiuti” per contrastare lo shock economico provocato dall’emergenza covid. Lo stesso presidente dell’Eurogruppo, Centano, ha usato il termine “reti di salvataggio”.

La terminologia utilizzata sembra sottendere un atto di umanità e generosità rispetto a un bisogno urgente.

Può essere utile una riflessione lucida sull’uso dei termini utilizzati che, di fronte alle paure ataviche esperite da molti in questo periodo, sembrano voler rassicurare, fornendo un messaggio protettivo che risponde al soddisfacimento dei bisogni primari sopra citati.

Ed è proprio di fronte a tali messaggi apparentemente rassicuranti, in risposta a emozioni come la paura, che occorre mantenersi particolarmente vigili.

Giova, in tal senso, rievocare fatti ultra noti, ma che rischiano di essere minimizzati, come quelli legati alla catastrofe economica che negli anni ha sfregiato la Grecia. Quest’ultima, dopo l’apertura del credito al consumo su larga scala, si è ritrovata schiacciata da politiche di austerità volte a recuperare un debito contratto a favore del creditore.

Tali meccanismi sono tristemente noti, in particolare, allorquando l’eventuale liquidità è data in mano a sistemi bancari, bypassando organi statali che dovrebbero tutelare il cittadino.

Un simile gioco perverso rischia di penetrare ora più che mai in paesi in difficoltà come l’Italia, potenziali vittime di meccanismi che possono legare al collo della popolazione il cappio dell’austerità, mostrando come innocuo un sistema scellerato di depauperamento del paese. Quando quest’ultimo è impoverito, sarà più facile impadronirsene in una vera e propria forma di colonizzazione, fatta di espropri di beni pubblici dati in mano a privati votati alla logica del profitto.

Attualmente, il rischio che si corre è dunque che, attraverso un classico meccanismo di manipolazione di massa, inserendo cambiamenti graduali, per esempio a mezzo di ulteriori misure di austerità sempre più drammatiche, introducibili in risposta a “piani di aiuto”, si abituino le persone, step by step, a tollerare l’intollerabile, ancor più di quanto non stia già avvenendo.

Occorre quindi potenziare l’auto-consapevolezza del rischio di un nuovo massacro economico.

È necessario altresì che alle persone sia offerta la possibilità di essere supportate, anche su un piano psichico, affinché siano sventati esiti autodistruttivi e “depressivi” di parte della popolazione.

Tali reazioni, legate a un vissuto di perdita, possono innescarsi anche allorché si rinuncia a comprendere razionalmente quanto sta accadendo, si cede alla paura, si smette di vigilare e si disinveste dalla facoltà agire e opporsi a eventuali politiche annientatrici.

Se viene meno la salvaguardia da parte dello Stato dei diritti dei cittadini e la resa delle persone coincide con una cieca e inconsapevole fiducia verso chi dice di prestare aiuto, diventa altissimo il pericolo di una morte tra le “reti di salvataggio” gettate da quegli stessi poteri che, in questi anni, hanno affamato popoli come (si cita qui il caso più eclatante) quello della Repubblica Ellenica.

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