Smettete di dire che la Calabria è solo questo!


di Leo Essen


In queste settimane la Calabria ha conosciuto una notorietà insperata. Prima c’è stato il caso del video promozionale commissionato dalla Regione e girato da Muccino. Un video volutamente scadente che ha ottenuto il risultato (cercato) di far parlare di sé e non della Calabria, come invece doveva essere. Poi ci si è messa la Germania, che ha bloccato gli arrivi in Deutschland da ogni regione italiana, eccetto la Calabria. Qualche giorno dopo da Berlino è arrivato il Neine anche per la Calabria, e l’euforia per un primato insperato ha lasciato il campo alla rassegnazione. Infine sono arrivate le zone rosse, e la Calabria si è vista confinare nell’inferno securitario insieme a Ragioni che avevano un numero di positivi al Covid davvero incomparabile con la penisola calabra.

Qualche giorno dopo, quando abbiamo visto il video dell'intervista al commissario straordinario alla sanità Saverio Cotticelli abbiamo creduto di capire il perché del confinamento della nostra regione nella zona rossa.
Quando ho visto il video trasmesso per la prima volta su Rai2, non volevo credere alle mie orecchie. Mentre il commissario si alzava per prendere un documento che riguardava il piano covid, in sottofondo mi è parso di sentire la voce di una donna che diceva (in calabrese) «Giusé, t’avie ddittu ca t’avie prima preparari». A colpirmi non è stato quel consiglio casalingo dato in dialetto – dove sono in Calabria i Social media manager, i Social media strategist, i Web community manager, i Reputation Manager, i Growth Hacker, quelle figure di cui si circondano i presidenti e i personaggi del nord per far cadere sulle lor spalle la responsabilità delle stronzate che scrivono su facebook, dove sono?

Ciò che mi ha colpito è stato quest’uomo anziano, disarmato, debole, in evidente stato confusionale, un uomo che sarebbe stato bene al mio posto da disoccupato sulla poltrona di casa a spigolare col telecomando, invece di tenere in collo la sanità di una regione con 2 milioni di abitanti.

Infine è arrivata la doccia fredda del nuovo commissario Giuseppe Zuccatelli, che in un altro video si sbilancia in considerazioni del tutto inconsistenti sulla trasmissibilità del virus.

Su Facebook i cittadini della penisola meridionale, sineddoche dell'Italia, si chiedono da due giorni: Davvero questa è la Calabria? Davvero siamo ridotti in questo stato?

Come sottrarsi al pensiero che tutta la Calabria è così, che tutta la sanità calabra è così, che tutti noi calabresi siamo fatti così, un po’ cialtroni, un po’ ignoranti, un po’ imbecilli, un po’ rimbambiti, un po’ poveri cristi, un po’ Cetto la Qualunque.

È difficile sfuggire agli effetti di questi cattivi Esempi, e quand’anche si portassero altri Esempi, le cose non cambierebbero. La struttura retorica dell’Esempio, la «logique du récit» dell’Expemplum, 1) la sua brevità narrativa, 2) la sua veracità o autenticità, 3) il suo inserirsi in un insieme più vasto, collage, 4) la sua natura omiletica, da pseudo-predicazione, 4) la sua retorica persuasiva, 5) la su finalità pedagogica e 6) il suo tendere all'ammaestramento divertendo, trasformano il brano di realtà effettiva mostrata o recitata in una parte che significa il tutto (Bremond, Le Goff, Schmitt, L’exemplum).

Non potendo far vedere tutti i calabresi, si mostra una parte di essi - un esemplare o alcuni esemplari - e questi parlano per tutti. Non ci si sottrae a quest’effetto - mettiamoci l’anima in pace.

Il Calabrese Capatosta e Fumantino non esiste, esiste questo e quel calabrese buono o cattivo, laborioso o pigro, lo sappiamo benissimo. Ma non appena si mostra un calabrese Capatosta si finisce per pensare che tutti i calabresi sono fatti così e così.

Non c’è modo di sfuggire a questa logica, ma ciò non vuol dire che ogni modo di cedervi è uguale ad ogni altro. Nel caso del film di Albanese, un film scarso, da ogni punto di vista, abbiamo barattato 4 risate suscitate da 4 barzellette scadenti inserite in una sceneggiatura scritta con i piedi, con degli Esempi di calabresi (politici e cittadini) che non fanno giustizia ai milioni di calabresi stanziali e ai milioni oriundi «u munnu u munnu», calabresi che si sono spaccati la schiena nei cantieri della metropolitana di Francoforte, come i miei zii materni, calabresi che hanno respirato i fumi tossici nelle fabbriche lombarde e piemontesi, come le mie zie e zii paterni, calabresi che hanno costruito in Italia e fuori dell’Italia, in Argentina, in Pennsylvania, in Canada e in Australia. Questi calabresi, piccoli e grandi, spesso anonimi lavoratori, sono i nostri Esempi migliori, sono il nostro orgoglio laburista, sono la nostra internazionale proletaria, sono i nostri confini del cuore, della lingua, della lotta.

Vi adoro.

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