di Tommaso Minotti
Il periodo storico che ha interessato la Grecia dal 2009 ad oggi ha dentro di sé drammaticità molto marcate, molte delle quali sono troppo recenti per essere analizzate correttamente. Imponenti manifestazioni, scontri e anche, purtroppo, morti hanno caratterizzato l’Ellade durante tutto l’arco della durissima crisi economica, la quale ha colpito con grande virulenza la culla della democrazia. Abbiamo già visto le oggettive responsabilità europee nel creare la situazione esplosiva che ha investito la Grecia, facendola precipitare in una spirale di povertà e sacrifici che non è ancora terminata. Ma un fatto piuttosto oscuro segna gli ultimi scampoli del governo a trazione PASOK di Papandreou e ha come protagonista un praticamente sconosciuto ministro della Difesa e quasi una ventina di alti papaveri dell’esercito greco.
L’annus horribilis del 2011
Definire “drammatico” il 2011 ellenico è un eufemismo riduttivo. Il rapporto deficit/PIL è al 172%, in costante aumento nonostante le misure d’austerità sbandierate come panacea di tutti i mali dall’UE a guida franco-tedesca. Il PIL/Pro Capite è in caduta libera, si è passati dai 20300 euro ai 18600 in pochissimi anni. Come se non bastasse il primo, terrificante, Memorandum del 2010, l’UE impone al governo socialista greco di Papandreou un’altra manovra lacrime e sangue. Anche l’espressione “lacrime e sangue” non rende l’idea della macelleria sociale che inizia in questo momento. La manovra prevede il licenziamento di trentamila dipendenti pubblici. Come se non bastasse, i dipendenti statali si vedono lo stipendio tagliato del 30% mentre le pensioni sopra i mille euro sono tagliate addirittura del 40%. L’esenzione fiscale è ridotta alle persone che guadagnano meno di cinquemila euro l’anno. Quindi se una persona guadagna 417 euro al mese deve pagare le non basse tasse greche perché secondo lo Stato non è povero. Quest’altra manovra che, ricordiamo, è imposta dall’UE come requisito necessario per accedere agli aiuti ben testimonia la “solidarietà europea”. Il Parlamento la approva e come conseguenza centocinquantamila greci scendono in piazza. Ben presto è il caos. I manifestanti assaltano il Parlamento, bruciano una posizione di guardia degli euzoni davanti al palazzo del potere e per qualche minuto si teme la loro irruzione nei corridoi del potere. La polizia infine li respinge ma sul campo c’è un morto, un sindacalista di 53 anni vittima di un collasso cardiaco dovuto ai fumi dei lacrimogeni sparati dai MAT (i reparti mobili ellenici). Ma l’anno non è ancora finito. A novembre del 2011 l’UE propone un’altra manovra, dovuta al taglio dei rating greci da parte delle agenzie quali Standard & Poor’s e Fitch che avevano declassato talmente tanto il debito dello stato ellenico che, secondo praticamente tutti gli economisti, il fallimento era inevitabile. Così propongono l’abnorme taglio del 75% del capitale investito in buoni del Tesoro. Ance il privato viene così duramente colpito. Il governo Papandreou è esausto e, temendo una reazione ancor più clamorosa del popolo, chiede un Referendum per l’accettazione o meno del Patto. Il Parlamento vota a favore ma Sarkozy e la Merkel, contrari e spaventati dal crollo delle borse avvenuto dopo l’annuncio del referendum, minacciano Papandreou di non concedergli i fondi per salvare il suo Stato se non revoca la proposta referendaria. Questo è troppo. Il governo cade sotto il ricatto greco e con loro si inabissa anche la democrazia greca.
Una situazione caotica
Il governo Papandreou si dimette il 6 novembre e la nostra storia inizia il primo dello stesso mese. Panagiotis Beglitis è il ministro della difesa del PASOK e decide di sostituire tutti i vertici militare delle quattro branche dell’esercito ellenico. La mossa, è facilmente intuibile, non è né comune né facilmente spiegabile. Infatti il ministero della difesa non rilascia alcuna dichiarazione in merito. Una spiegazione, di fatto, non verrà mai data. Due sono poi i particolari che rendono la storia ancora più strana. Il primo è che Beglitis sostituisce i vertici poco prima di un ricambio programmato e, si presti attenzione, parziale. Questo ricambio è molto più comune all’interno della politica greca di quanto si possa pensare. Il secondo fatto molto particolare è che i quattro generali a capo delle forze armate greche non sono gli unici ad essere stati sostituiti. Infatti Beglitis rimuove anche quattordici ufficiali di alto livello e ne pre-pensiona addirittura nove. Ciò porta a ventisette il numero di alti papaveri dell’esercito sostituiti o pensionati dal ministro del PASOK. Le alte sfere dell’esercito vengono sostituite da elementi vicini al Partito Socialista Ellenico. Tutto ciò accade senza alcun tipo di coinvolgimento dell’esercito che viene lasciato totalmente all’oscuro e non viene nemmeno avvisato. Ma la vicenda non finisce qua.
Uno strascico imprevisto
A luglio del 2012 il generale Ziazias, molto vicino al due Beglitis-Papandreou, si dimette ufficialmente per dissidi con il nuovo Governo di Nea Demokratia guidato da Samaras riguardo alle nomine sulle promozioni all’interno dell’esercito ellenico. Il generale non avrebbe tollerato le ingerenze dei “civili” e le sue dimissioni, tutt’altro che inaspettate secondo fonti vicine alle forze armate greche, sarebbero state condite da strascichi polemici di notevole portata. Ziazias dura, a capo delle forze armate elleniche, poco più di un anno e qualche mese. C’è chi mormora che il suo passo indietro sarebbe stato indotto da un suo atteggiamento non troppo entusiasta riguardo all’acquisto di nuove armi dagli alleati statunitensi. Ma dalle sue dimissioni prende spunto una teoria negazionista riguardo il presunto rischio di colpo di Stato greco nel 2011.
La teoria negazionista
Gli esponenti di Nea Demokratia che, ricordiamo, si erano opposti ai cambiamenti di Beglitis e che hanno spinto alle dimissioni Ziazias negano l’ipotesi del possibile colpo di Stato nel 2011. A favore di questa tesi c’è il fatto che è prassi, nella politica greca, sostituire i capi delle forze armate con membri vicini al proprio partito per garantirne le lealtà dopo la caduta del governo. Prassi iniziata proprio da ND nel 2009 e poi proseguita per lungo tempo. Inoltre i membri del partito di centrodestra ritengono il colpo di Stato fosse una montatura del PASOK per spingere Sarkozy e la Merkel ad accettare il referendum paventando rischi di tenuta democratica che in realtà non sussistevano. Ma la teoria negazionista non è l’unica ad essere stata presa in considerazione.
Panagiotis Beglitis salvatore della Patria?
Partendo da un titolo volutamente ridondante, si vuole sottolineare che il pericolo del golpe non è totalmente campato per aria. Per prima cosa è sospetto un ricambio di tale enorme portata. Alti ufficiali e generali sostituiti senza passare dal Parlamento e nemmeno dall’esercito. Il tutto cercando di mantenere un profilo basso e una certa discrezione. Tuttavia questo fatto non poteva passare inosservato dato l’elevato numero di personaggi coinvolti e il loro lignaggio. Pur avendo già sottolineato la familiarità della politica greca con ricambi, anche corposi, all’interno dell’esercito, tale numero non sembra appartenere a questa casistica. A ciò si aggiungono due fattori altrettanto significativi. Il primo è il tradizionale interventismo dell’esercito greco. Il regime dei colonelli è ancora ben impresso nelle memorie di tutti. Inoltre non si deve dimenticare la giovane età della nuova democrazia greca che, a ben vedere, ha meno di cinquanta anni. Questa “giovinezza” può essere sinonimo di fragilità. A questa fragilità, affibbiata alla Grecia attraverso un ragionamento logico solo in parte supportato da testimonianze empiriche, si accosta il secondo fattore, forse più decisivo. La Grecia del 2011 era un paese che affrontava una grave crisi economica, con una popolazione arrabbiata e senza nulla da perdere che aveva la volontà di scendere in piazza e reagire a manovre inique. Il rischio che il paese precipitasse nel caos era evidente e le manifestazioni tanto partecipate quanto violente erano percepite come un pericolo per lo Stato. Questo elemento, unito alla già analizzata “passione” dei militari per la cosa pubblica e alla debolezza delle istituzioni democratiche elleniche, sono un indizio a favore della teoria che vede Beglitis e Papandreou come coloro che hanno sventato un probabile golpe.
Quale sia la verità, tuttavia, non lo sapremo mai.
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