di Alessandro Volpi
Come volevasi dimostrare. Il ministro Giorgetti ha dichiarato che "avrebbe senso" ridurre la quota dello Stato in Eni. Per avviare questa dismissione, l'esponente della Lega si avventura su un tema molto tecnico.
In pratica, sostiene Giorgetti, siccome per effetto del buyback, del riacquisto da parte di Eni delle proprie azioni, e della loro conseguente cancellazione, la quota pubblica è salita al 34%, si potrebbe vendere il 4% e lucrare così 2 miliardi di euro.
Siamo davvero alla follia.
In questo momento Eni sta macinando extraprofitti che, peraltro, lo Stato non riesce a tassare. Dunque, Eni sta producendo dividendi lucrosi per lo Stato. Ora, in simili condizioni, ci si aspetterebbe che lo Stato aumentasse la propria quota in Eni, magari arrivando al controllo pubblico - lo so, questo è troppo non solo per la Lega ma per quasi tutta la politica italiana - e invece il superministro propone di cedere un 4% perché è meglio rimanere al 30% e portare in cassa le briciole, rinunciando ai dividendi futuri e soprattutto trasferendoli ai grandi fondi finanziari.
Perché, quasi mi dimenticavo di dirlo, la proposta di porre in essere questa fantastica operazione è giunta al superministro - come lui stesso ha dichiarato nel question time dalla Camera - da alcune grandi banche d'investimento. Penso di non avere molte difficoltà ad immaginare quali. E sono convinto che le privatizzazioni saranno la svendita delle parti migliori del patrimonio pubblico. Non si può davvero sentire.
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