di Carla Filosa
Dopo i diversi commenti giornalistici, vogliamo collegarci anche noi all’ultimo episodio che ha contrassegnato l’insensibilità del ministro della P.I. riguardanti le sue inappropriate comunicazioni alla inaugurazione della Fondazione intitolata a Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio lo scorso anno. L’11. 11. ’23 la 22enne Giulia venne uccisa dal fidanzato da cui intendeva separarsi, e a un anno di distanza padre e sorella si sono proposti di farne un punto di riferimento nelle scuole per l’educazione ai sentimenti dei giovani, “consapevolezza, responsabilità e rispetto reciproco”, data la rovinosa carenza sociale di formazione alla maturità umana e convivenza civile ormai disperse nei miti propagandati del successo e della forza.
A siffatti propositi della Fondazione del tutto alieni al ministro, e forse timoroso di vedere anche qui un’”invasione” nell’ambito delle sue pertinenze, i presenti sono stati sorpresi da una sua esternazione del tutto estranea al momento: dover combattere la violenza soprattutto quella legata all’immigrazione irregolare, come pure l’inesistenza del patriarcato. Senza pretendere di controbattere la sicumera di tale assertività, il nostro pensiero è andato subito alla fragilità di un potere abituato dai secoli passati a risolvere ogni difficoltà della propria intoccabile stabilità, con l’uso irrazionale di astrazioni svuotate di contenuto, per approdare alla “caccia alle streghe” da secoli buona per ogni stagione. Le streghe di oggi sono le spacciate “invasioni dei migranti” che, privi di qualsiasi tutela, si possono incolpare di qualsiasi male sia pure compiuto da altri.
Che i dati Istat comunichino che l’80% dei femminicidi sia compiuto da italiani, per lo più maschi e bianchi, non può sfiorare la velina governativa di cui un ministro dev’essere prono esecutore. Circa 600 donne sono state uccise negli ultimi 4 anni, circa una ogni 2 giorni, risultato di vari moventi, di cui i più comuni sono gelosia, possesso, incapacità a gestire la fine di una relazione, vendetta, rivalsa, ecc. Gli autori: mariti, compagni, fidanzati, ex partner, figli, conoscenti, cioè per lo più familiari.
Il riferimento alle streghe purtroppo non è solo una reminiscenza del passato. Nei paesi dove è passato il colonialismo, in particolar modo, si uccidono ancora donne “per stregoneria” – nella sola India 2500 vittime tra il 1995 e il 2009 – ma anche in molti paesi africani dove, come una volta, vengono perseguitate e uccise in quanto la loro femminilità non rientra nei canoni di un tradizionale sistema patriarcale in cui è strutturalmente annidato il misoginismo.
Niente di più utile quindi, per il nostro ministro, che negare la sopravvivenza del patriarcato nei brandelli ereditati dal sistema di capitale in cui siamo tuttora immersi, relegando ogni problema sociale inaffrontabile con il capro espiatorio di turno: la violenza si bandisce se si respingono i migranti. Sono loro infatti ad essere indicati ad uccidere soprattutto donne e bambini in Tanzania, Senegal, Camerun, Ghana, Malawi, Kenya, e non la povertà, la malattia, la siccità indotta dal mutamento climatico, ecc. Là infatti si crede ancora in forze occulte facili a trasformarsi nella paura che, nella povertà e nell’ignoranza conduce all’eliminazione delle streghe come tampone di entrambe.
Il passato ritorna quando non ha esaurito tutto il suo ambito di intervento storico, proprio come l’ideologia patriarcale che serve a inferiorizzare ancor oggi la forza-lavoro femminile e straniera per renderla docile allo sfruttamento massimo possibile, nell’eternabile dipendenza al sistema di potere. Il controllo di queste fasce sociali consente di favorire continuamente l’accumulo di forza-lavoro su larga scala e l’imposizione di lavoro coercitivo e sostanzialmente sottopagato, se non gratuito. Chi infatti è costretto ad abbandonare il proprio paese invaso dalle guerre e massacri utili alla rapina delle risorse stornate nei paesi predatori del cosiddetto Occidente, o va abbandonato alla morte in mare, deportato o lasciato alla mercé della più sordida schiavitù salariata.
Le donne poi, da sempre soggette alla violenza maschile, sono facilmente divenute risorsa economica tramite la riproduzione e produzione di futura forza-lavoro. Chi tra queste non si adeguava all’esclusione sociale e al controllo del proprio corpo era semplice eliminarla con la sua ipocrita demonizzazione. Lo stesso criterio, definito razzista ma più correttamente riguardato oggi come sfruttamento, viene usato nei confronti dei poveri che cercano la loro sopravvivenza nei luoghi dove si produce la ricchezza, difesa come intangibile diritto dei più forti.
Il misero negazionismo di questa realtà non fa che evidenziarne la funzionalità disumanizzante, come pure i miserabili 10 euro di aumento ai dirigenti scolastici, elargiti dallo stesso ministro del “merito”, che non impediscono lo sgretolamento del sistema scolastico nazionale, finalizzato a una formazione tecnicistica dei giovani da far finanziare alle imprese perché torna loro utile. Risulta chiaro perciò che il ministro della P.I. va diretto ai suoi obiettivi da potere occupante, per compiacere - senza perdere nessuna occasione che magari non c’entra niente - la regressione democratica in atto.
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