Il Corriere e quelle "critiche" a Draghi

L'ineffabile Di Vico sul Corriere di ieri (fondo di prima ripreso a pag. 30) si lamenta con Draghi (le uniche critiche al proconsole del capitalismo globale possono venire, ça va sans dire, da destra) per l'assenza di una seria politica "laburista" del suo governo (nessun riferimento ideologico, qui il termine vuol dire banalmente come fregare i lavoratori).

Mancanza, a detta del nostro, che si evidenzia con il fatto che si insiste a procedere per proroghe (del blocco dei licenziamenti, della Cig ecc.) di provvedimenti assistenziali che non "prendono il toro per le corna".

Che fare invece? Finirla con l'assistenzialismo e trovare il modo di ricollocare chi verrà inevitabilmente buttato fuori quando la falce della crisi sarà lasciata libera di fare il suo lavoro.

Come? non affidarsi alle burocrazie stataliste dei Centri per l'impiego ma privatizzare anche quelli, o almeno ripensarli in partenariato con quelle agenzie del lavoro "che non possono essere nominate", ironizza Di Vico, "perché in odore di turbo-capitalismo".

Chissà perché...Sempre in prima (ripreso a pagina 32) troviamo un pimpante Francesco Giavazzi che, per celebrare la memoria del suo recentemente scomparso gemello Alesina, ne rilancia le analisi sul peso della partecipazione femminile al mercato della forza lavoro ai fini dello sviluppo.

Per la gioia delle femministe liberali (e per la preoccupazione delle femministe socialiste, che si presumono più avvertite nei confronti di simili corteggiatori) la proposta è ridurre il cuneo fiscale in modo proporzionalmente maggiore per le lavoratrici rispetto ai colleghi maschi per incentivarne l'assunzione.

A parte la solita retorica sulla redistribuzione dei compiti domestici (ma il nostro si lascia scappare che non è detto che ciò avvenga, e che tutto sommato non è questo il vero obiettivo) il punto è che in Italia siamo indietro rispetto ai livelli di femminilizzazione del lavoro raggiunti nel mondo anglosassone che, per inciso, non hanno contribuito a ridurre le sperequazioni salariali di genere, bensì ad abbassare i livelli salariali dei maschi e a far sì che ora si debba lavorare in due per ottenere lo stesso reddito che una volta otteneva con il reddito di uno o di una.

Passando dalle donne ai giovani, sarebbe il caso di chiarire come la proposta di Letta sull'uso di un'aumentata (di poco!) tassa di successione per dare una "dote" di 10.000 euro ai diciottenni, non sia affatto "socialista" ma esprima perfettamente lo spirito neoliberale di considerare le persone come capitale umano e imprenditori di se stessi. Ma questa è una riflessione più complessa per la quale rinvio a un articolo che ho appena mandato a Micromega.

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