Sul Corriere di oggi Polito piange sull'etica capitalista smarrita, ma il suo cordoglio è fuori tempo massimo.
L'etica a cui si riferisce è infatti quella di cui parlava Max Weber nei primi decenni del Novecento, morta nel secondo dopoguerra e definitivamente sepolta dalla rivoluzione neo liberale (in Italia, negli Stati Uniti assai prima).
Risibile, per un intellettuale che si suppone abbia letto almeno qualche pagina di Marx, l'osservazione secondo cui il comportamento degli imprenditori e manager criminali della funivia non può essere motivato con avidità di profitto perché, con il loro crimine, hanno danneggiato i profitti di tutte le altre imprese del settore.
Ma il capitalismo funziona esattamente così: ogni impresa persegue l'obiettivo del massimo profitto ( con metodi più o meno "corretti") prescindendo completamente dagli interessi del sistema nel suo insieme (altrimenti non vi sarebbero crisi).
A imporre il rispetto di tali interessi è solo lo Stato (che detta ai singoli capitalisti le regole che devono tutelare gli interessi generali della loro classe, mentre deve al tempo stesso soddisfare parzialmente i bisogni delle classi subalterne per ottenerne il consenso). Quindi la causa del disastro è, senza se e senza ma, l'avidità di profitto, checché blateri Polito il quale, per inciso, finge di dimenticare che il suo giornale è da sempre in prima fila nel tuonare contro l'invadenza dello stato e contro i lacci e laccioli che impone al libero mercato. Così come è in prima fila nel servile sostegno del campione mondiale della più selvaggia ricerca del profitto, quegli Stati Uniti che oggi vogliono trascinarci in guerra contro la Cina "statalista", anche rilanciando continuamente accuse - non provate se non con le accuse dei loro servizi - in merito alla responsabilità del laboratorio di Wuhan da cui sarebbe sortito il Covid. L'articolo a pagina 11, se esistesse ancora un'etica del giornalismo (morta assieme a quella del capitale), dovrebbe essere studiato nelle scuole come esempio di scarsa etica professionale.
A partire dal titolo, che recita alla prima riga "Virus uscito da Wuhan", per cui il lettore distratto è indotto a credere che i "sospetti" (che sarebbe meglio definire le insinuazioni che Biden ha ereditato da Trump, visto che nello stesso articolo non trovano riscontro alcuno, anche a detta del virologo di stato Fauci) siano in realtà ampiamente dimostrati. Tutto il resto dell'articolo è un collage in cui gli autori si barcamenano per cercare di invalidare le prove che dimostrano che il virus NON è uscito da un laboratorio.
Ma quando il padrone detta la linea occorre adeguarsi, altrimenti si rischia il posto...
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