Ricca messe di spunti sul Corriere di oggi.
Nel suo articolo di fondo Panebianco, mentre si congratula con l'M5S per la svolta "garantista", mette in guardia contro l'illusione che ciò possa cambiare una cultura italiana che sarebbe, di suo, "forcaiola" (il termine, fin dalla rivoluzione francese, viene usato dalle élite per squalificare la rabbia popolare nei confronti delle loro malefatte).
Dopodiché Panebianco tesse le lodi della cultura anglosassone, cioè di quei Paesi dove "sono garantiste le élite, è garantista la classe dirigente", che è pertanto "in grado di far muro, di impedire alle pulsioni illiberali di una parte del pubblico di fare gravi danni". Come dire: viva quei Paesi dove una lunga e mai interrotta egemonia delle classi dominanti è riuscita a plasmare l'opinione pubblica in misura tale da metterle al riparo dal pericolo di rivolte.
E, a proposito di giustizia, si leggano le pagine dedicate alla sentenza sul caso dei disastri ambientali provocati dall'Ilva di Taranto. Due osservazioni: la condanna dei Riva smentisce quanto ho scritto nei giorni corsi sulla giustizia di classe? Non credo proprio: in casi del genere il garantismo a orologeria (a favore dei padroni) si misura sui tempi lunghi del processo. Anche in alcuni dei casi che citavo c'era stata condanna in primo grado (soprattutto quando il crimine gridava vendetta, onde sopire la rabbia popolare), salvo poi porre rimedio agli "errori" in appello, in Cassazione o, alla brutta, mandando il tutto in prescrizione. In Cassazione è ricorso anche Vendola, che s'indigna per la condanna subita, rivendicando di essere sempre stato il primo a denunciare i problemi di Taranto, ma, avendo avuto modo di ascoltare le voci di diversi cittadini di Tarantino e operai Ilva, non mi pare che la sua indignazione goda di eccessivo credito...
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