di Alessandro Pascale
Bertinotti, Vendola, Luxuria: tre "icone" della sinistra che hanno contribuito, in forme e con responsabilità diverse, con le loro tesi postmoderne e i loro comportamenti individualisti e opportunisti, a distruggere quel poco di movimento comunista che ancora era rimasto negli anni della "seconda repubblica". Sappiamo quello che vogliamo essere, e sappiamo quello che non vogliamo imitare: la ricostruzione del Partito Comunista passa dalla massima presa di distanza da questi personaggi che hanno portato al discredito dei comunisti tra la classe lavoratrice.
La nostra "narrazione" parte dalla consapevolezza che il socialismo non è un orizzonte astratto e utopico, e non si basa solo sull'estensione dei diritti civili alle categorie LGBT e a chiunque si autodetermini come "diverso". La nostra idea passa dal ritorno ad un messaggio antico ma sempre valido: non c'è democrazia senza eliminazione della disoccupazione, senza una redistribuzione della ricchezza, senza la conquista del potere politico ed economico effettivo da parte dei lavoratori. Ciò è possibile solo conquistando la sovranità nazionale e popolare. Questa è la strada che conduce alla "libertà", non certo quella della subalternità al PD, servo della finanza occidentale e di Washington.
L'autodeterminazione individuale, se vuole essere universale, passa necessariamente dalla ripresa della lotta di classe contro il padronato e dall'emancipazione materiale dei lavoratori. Non c'è libertà senza giustizia sociale e non c'è giustizia sociale possibile senza distruzione del capitalismo e affermazione di un sistema socialista.
Alla sinistra svenduta lasciamo i discorsi ipocriti sull'antiliberismo che si accompagnano alle risatine di complicità fatte per telefono con i padroni.
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