Dubitare del vaccino non solo è lecito ma è un comportamento razionale

Alla base di ogni progresso scientifico e umano c’è il dubbio. Solo la messa in discussione di ciò che sembra, ma forse non è così come pare -e proprio per questo va messo in discussione- consente di superare l’ostacolo e alzare l’asticella. Le società che si sono chiuse al dubbio coltivando il dogma prescritto dal potere, hanno fatto una brutta fine.

Il dubbio riguarda il vaccino anti-Covid. La sua origine, la sua efficacia, i suoi effetti collaterali, nonché la volontà da parte della politica di imporlo come unico rimedio al virus. Per farsi venire il dubbio sulla Wunderwaffe vaccino non è necessario essere un Fachidiot, una parola tedesca semplicemente fantastica per definire una persona esperta esclusivamente del proprio campo, ma è sufficiente andare sul sito dell’EMA (European Medicines Agency) e cliccare COVID-19 vaccines. Apparirà che i quattro vaccini attualmente autorizzai sono tutti stati approvati in via condizionata (conditional approval); vale a dire che ne è stata temporaneamente autorizzata la commercializzazione in virtù della condizione di emergenza sanitaria pandemica creata dal virus e in assenza di cure alternative, sebbene siano stati testati solo su un campione ridotto di persone. Sul sito Epicentro, gestito dall’Istituto Superiore della Sanità Italiano si legge: “Generalmente lo sviluppo di un vaccino è un processo lungo, che necessita dai sette ai dieci anni, durante i quali le ricerche vengono condotte a tappe successive che includono i test di qualità, la sperimentazione preclinica e le fasi della sperimentazione clinica nell’uomo. La sperimentazione clinica include tre fasi di studi. Fase 1: Test generalmente condotti su volontari sani per l’identificazione della dose ottimale e la valutazione della sicurezza nell’uomo. Fase 2: Test a carattere esplorativo condotti su piccoli gruppi di persone, generalmente meno di 100. Fase 3: Test disegnati allo scopo confermativo condotti su migliaia o decine di migliaia di persone.”

Gli studi di fase tre sui vaccini COVID-19 sono in corso e si concluderanno presumibilmente non prima del 2023. Questo significa che attualmente i vaccini sono sperimentali e una cosa sperimentale, sia essa un vaccino, un motore, o un’idea, ha caratteristiche particolari: è instabile, non definitiva, variabile. Una cosa di cui è lecito dubitare. In altre parole, nel caso dei vaccini è possibile che i risultati della fase tre smentiscano quelli della fase uno e due e che di conseguenza l’EMA si veda costretta a sospendere la commercializzazione del prodotto come è accaduto in passato con il farmaco antiobesità Acomplia (Rimonabant) della Sanofi-Aventis. Si tratta di una possibilità che non si può escludere a priori in quanto le serie future di dati sono imprevedibili. Chi dubita dei vaccini, quindi, segue un ragionamento razionale mentre chi li dichiara sicuri dà per scontato che i dati della fase uno e due siano confermati dalla fase tre, assumendosi un rischio non da poco. Un po' come considerare decise le elezioni a partire dai dati dei sondaggi. Se così fosse tanto varrebbe risparmiare tempo e denaro eliminando la fase tre per tutti i farmaci sperimentali.

E veniamo al cuore del problema. Se i vaccini sono veramente la salvezza dal Covid, vista la ritrosia di alcuni ad accogliere il siero salvifico, perché non ricorrere alla possibilità offerta dall’articolo 32 della Costituzione che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” In quel se non per disposizione di legge ci starebbe un bel provvedimento SuperMarioDragher & El General Figliuol che obblighi i ribelli ad inginocchiarsi al vax in nome del bene comune. Invece è uscita questa roba ibrida del lasciapassare verde. Ai ribelli si tolgono i diritti sociali, li si espelle dalla comunità dei giusti, li si rinchiude in casa come sorci quali certamente sono, epperò rimangono impuniti. Nessuna sanzione, nessuna multa, nessun arresto e soprattutto nessuna limitazione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. Con il rischio che pure i loro figliuoli rifiutino il vaccino. Come mai?

Dunque, un conto è rendere obbligatorio un vaccino approvato con procedure standard (conclusione della fase tre) che però possono impiegare anni prima di essere completate, un altro è avere a che fare con vaccini approvati con autorizzazioni condizionate e a termine. Per imporre un obbligo vaccinale generalizzato si dovrebbe aspettare quantomeno il passaggio dall’autorizzazione condizionata all’autorizzazione standard. Altrimenti si rischierebbe di imporre un obbligo fondato su basi scientifiche incomplete, provvisorie e quindi, come abbiamo visto, dubbie. Con conseguenze gravi in termini di responsabilità e di indennizzi, oltre che di credibilità di chi introducesse tale obbligo. Perché uno Stato che impone l’obbligo vaccinale si deve anche assumere la responsabilità degli indennizzi costituendo un fondo statale pubblico per l’indennizzabilità degli effetti collaterali. Infatti si possono già immaginare le richieste di risarcimento conseguenti a danni vaccinali a seguito di una somministrazione obbligatoria fondata su un’autorizzazione provvisoria. Molto meglio allora il lasciapassare verde che stigmatizza, ghettizza, esclude, divide i cittadini mettendo gli uni contro gli altri ma allo Stato non costa un centesimo neanche in termini di controlli, dal momento che questi saranno a carico dei proprietari di bar, ristoranti e cinema, per l’occasione elevati al rango di sceriffi del covid.

Probabilmente chi ha avuto la pensata del lasciapassare non ha pensato fino in fondo, o forse ha pensato troppo ma male. Il documento verde, infatti, contiene una carica devastante. Con la sua suddivisione marchiante in vaccinati e non è potenzialmente in grado di sprigionare una carica di odio al cui confronto la ferocia di Robespierre e l’odio di classe di Lenin sono carezze di bambino. Perché forse è vero che a noi italiani le rivoluzioni non sono mai venute bene, in compenso però le guerre civili ci sono riuscite alla grande.

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