Massimo Giletti e le sberle della storia

di Massimo Mazzucco

Ieri sera ho assistito ad uno spettacolo indecoroso e potente insieme. Massimo Giletti è stato strapazzato come un bambino delle elementari dalla sua maestra, che gli ha impartito una poderosa lezione di storia in diretta televisiva.
Il grande scoop di Giletti doveva essere una intervista in diretta con Maria Zakharova, la portavoce del ministro degli esteri Lavrov.
Per fare questa intervista Giletti è andato addirittura personalmente a Mosca, nonostante l’ intervista si sia volta via skype, con la Zakharova comodamente seduta a casa sua (avrei potuto farla io, identica, seduto a casa mia). Ma a parte la messinscena inutile, è nei contenuti che Giletti ci ha fatto la figura del merlo.
Prima di intervistare la Zakharova, infatti, Giletti era in collegamento con Massimo Cacciari, e durante lo scambio Giletti ha accennato alle polemiche che hanno preceduto questa sua intervista, dicendo che però secondo lui “il giornalista ha tutto il diritto di intervistare chi vuole, purchè ponga all’intervistato delle domande scomode, e non gli offra una semplice passerella per fare propaganda.”
Ma dal dire al fare… Giletti non conosce il mare.
Non appena iniziata l’intervista, infatti, si è capito che tipo di interlocutrice avesse davanti. Una donna con le idee chiare, ferma e impassibile, che rimandava seccamente al mittente ogni singola accusa, con tanto di interessi.
All’accusa di “aver illegittimamente invaso un paese sovrano”, Zakharova ha risposto che “anche voi della Nato avete fatto la stessa cosa con l’Iraq”.
All’accusa di “essersi allargati troppo intervenendo in Siria”, Zakharova ha risposto che loro erano intervenuti su legittima richiesta del capo di stato, Assad. E ha inoltre aggiunto che “quando la Russia ha proposto alle Nazioni Unite di combattere tutti insieme le bande dell’ISIS, è stata l’Unione Europea a dire di no e mettersi di traverso”.
All’accusa di aver operato una sanguinosa repressione in Cecenia, Zakharova ha risposto che è stato l’occidente a sobillare quelle rivolte.
Insomma, non se ne usciva: ad ogni servizio tagliato del dilettante Giletti, il master Djokovic rispondeva con un dritto vincente.
A quel punto Giletti ha cambiato strategia. Ha fatto un passo indietro, e ha tentato la carta dell’emozione: “Va bene, ok, tutti abbiamo fatto errori nel passato – ha ammesso - però adesso mettiamoci una pietra sopra, trattiamo e poniamo fine a questa guerra, perchè la gente sta morendo”.
E qui è arrivata la valanga di sberle sulla testa del nostro importuno scolaretto: “Così parlano i bambini – ha detto la Zakharova – Nel mondo degli adulti, la prima cosa che bisogna fare per capire le cose è guardare alla storia. Dove eravate voi italiani, quando otto anni fa gli americani hanno messo in atto un colpo di stato a Kiev, installando al potere il governo fascista di Poroshenko? Dove eravate, quando per otto anni il governo di Kiev ha bombardato incessantemente i suoi concittadini del Donbass?”
“Ma soprattutto - ha ricordato la Zakharova – lei viene adesso a parlarmi di trattare e di metterci d’accordo. Ma sono otto anni che Putin chiede all’Occidente di mettersi d’accordo sulla questione della Nato e degli equilibri internazionali. Ma voi in Occidente avete fatto tutti finta di niente, e adesso cercate di dare la colpa a noi per quello che succede?”
“Infine - è stata la sberla finale della Zakharova – voi occidentali dovete smetterla una volta tutte con questa vostra aria di superiorità intellettuale, come se foste voi quelli che hanno il diritto di impartire lezioni morali a tutti gli altri.”
Ci mancava soltanto un “vergogna Giletti, fila dietro alla lavagna” e la lezione sarebbe stata completata.
Povera Italia, rappresentata all’estero personaggi inconsistenti e impreparati come Giletti. Povera Italia, incapace di crescere, incapace di diventare adulta, incapace di uscire dalla sua ottica provinciale, incapace di assumersi una volta per tutte le proprie responsabilità con il resto del mondo.
Lasciando così mano libera a chi ci comanda, a chi ci controlla, a chi ci tratta serenamente come schiavi da oltre settant’anni.

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