La situazione della società civile italiana in 7 punti

La situazione della società civile occidentale, e italiana in particolare, credo sia riassumibile in questi punti.

1) Da mezzo secolo il lavoro di demolizione della democrazia reale è all’opera, consapevolmente e costantemente. Vi hanno partecipato le riforme scolastiche e i monopoli mediatici, l’ideologia dell’antipolitica e l’incentivazione alla competizione individuale illimitata. È stato un lavoro che ha coinvolto due generazioni e ora è completo, perfetto.

2) La gente non è necessariamente né più stupida, né più ignorante di mezzo secolo fa, ma ha perduto nella maniera più completa la capacità primaria di organizzarsi, di dialogare, di costruire insieme qualcosa. Manca la formazione, manca l’atteggiamento, manca la base materiale ed istituzionale per fare alcunché: l’azione collettiva è morta.

3) Tutti coloro i quali si appellano a qualche “situazionismo”, a qualche flash mob, a qualche chiassata estemporanea per “ottenere la visibilità dei media” come forma di azione collettiva non ha capito niente. Sta chiedendo al sistema di prendere sul serio la sua voce laddove il sistema è nato per silenziare o strumentalizzare le voci sgradite.

4) A livello delle classi dirigenti la demolizione della sfera politica, della sua autorevolezza e della comprensione della sua necessità ha condotto ad un declino verticale della qualità di questi ceti apicali. Questo processo di degrado e dilettantismo delle classi dirigenti politiche non è un monopolio italiano, ma è una tendenza generalizzata: quando non sono dilettanti allo sbaraglio sono tecnocrati a gettone. È per questa semplice ragione che stiamo precipitando nell’abisso senza muovere un sopracciglio. Siamo un intero continente che si comporta come quell’uomo, in caduta libera dal grattacielo, che ad ogni piano si dice: “Finora tutto bene.”

5) A livello sociale e riflessivo la situazione è egualmente disperante. L’intera sfera dell’attenzione sociale è rivolta a dimensioni privatistico-sentimentali, finto-intimistiche, immaginando che il mondo cambierà se solo avremo portato alla luce con abbastanza sottigliezza qualche intimo fremito, qualche zona umbratile del nostro animo tra sonno e veglia. Questa iperconcentrazione sulle sorti del proprio ombelico è la cifra dell’ultima generazione, che per tutto ciò che riguarda i rapporti strutturali, storici, sociali, lavorativi, legali, tradizionali, comunitari è ridotta al livello zero: rotelline disposte a tutto, che dove le metti stanno, sensibili solo all’agenda di moda.

6) Una volta qualcuno pensava che fosse la religione l’oppio dei popoli. Fu un grave errore di analisi. La religione che avevano davanti gli occhi nell’800 giocava sì quel ruolo, ma era semplicemente una deriva culturale in cui i ceti dominanti mettevano a tacere le coscienze strumentalizzando promesse virtuali (l’Aldilà garantito agli obbedienti). Oggi le promesse virtuali che addormentano le coscienze le abbiamo ovunque intorno a noi h24 in forma di infinite comunicazioni mediatiche, paradisi artificiali delle pubblicità, stili di vita tanto al chilo sparati alla TV, narrative consolanti ed edificanti intorno a mondi lontani, esotici o fittizi. Una volta il rinchiudersi in un mondo virtuale, accomodante, impermeabile e restio a percepire quale che accade fuori era segno dell’indebolimento terminale dei molto anziani, che riducevano la complessità percepita del mondo perché non avevano più le forze per affrontarla. Oggi questo tratto è pressoché universale.

7) Non so se c’è una via d’uscita da tutto ciò che non passi attraverso la catastrofe. E di questi tempi le catastrofi possono non essere qualcosa che coinvolge solo lutti personali, ma possono coinvolgere la stessa esistenza in vita di tutti. Se ci fosse una via d'uscita, se una via stretta fosse ancora disponibile, essa deve passare dall’abbandono di personalismi e velleitarismi, dall’abbandono di due idee petit bourgeois: quella per cui “se solo tutti facessero così allora sì che…”, e quella per cui "posso aderire a un progetto solo se è fatto a mia immagine e somiglianza".
Per inciso, non accade mai che tutti facciano la stessa cosa salvo in due casi: se c’è una costrizione esterna dovuta alla necessità (tutti si rifugiano se sei sotto un bombardamento) o se c’è un coordinamento prodotto da un’organizzazione. Il primo si verificherà se arriveremo alla catastrofe. Il secondo richiede di prendere dannatamente sul serio la possibilità della catastrofe e la responsabilità di evitarla.

Le più recenti da OP-ED

On Fire

"Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato". Il più famoso articolo di Pasolini compie oggi 50 anni

Come ricorda il Prof. Paolo Desogus oggi il famoso articolo di Pier Paolo Pasolini "Cos'è questo golpe? Io so" compie 50 anni. "Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica...

Donna nuda iraniana al campus: la strumentalizzazione politica di un dramma personale?

Sulla vicenda della donna iraniana nuda nel campus, le cui immagini sono diventate virali, monta la strumentalizzazione politica.Al di là dei proclami “social”, cosa si sa realmente?...

Ex analista Pentagono sul vero obiettivo dell'"escalation non necessaria” di Biden

  Come ha riportato ieri il New York Times, che ha citato funzionari statunitensi a conoscenza della questione, il presidente degli Stati uniti d’America, Joe Biden avrebbe approvato l'impiego...

Ex comandante della NATO prevede come finirà il conflitto in Ucraina

L'ex comandante della NATO James Stavridis ha previsto che il conflitto in Ucraina si concluderà con la conquista da parte della Russia di circa un quinto del territorio del Paese. Stavridis, ammiraglio...

Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa