Pepe Escobar - Cina, Iran e il "Santo Graal della BRI"

di Pepe Escobar – The Cradle

[Traduzione a cura di da Nora Hoppe]

La visita del Presidente iraniano Ebrahim Raisi a Pechino e il suo incontro faccia a faccia con l'omologo Xi Jinping è una questione pionieristica sotto più punti di vista.

Raisi, il primo presidente iraniano a visitare ufficialmente la Cina in 20 anni, ha guidato una delegazione politica ed economica di altissimo livello, che comprendeva il nuovo governatore della Banca centrale e i ministri dell'Economia, del Petrolio, degli Affari esteri e del Commercio.

Il fatto che Raisi e Xi abbiano supervisionato congiuntamente la firma di 20 accordi di cooperazione bilaterale che spaziano dall'agricoltura, al commercio, al turismo e alla protezione dell'ambiente, fino alla salute, ai soccorsi in caso di calamità, alla cultura e allo sport, non è nemmeno il punto principale.

Il sigillo cerimoniale di questa settimana del partenariato strategico globale Iran-Cina segna un'evoluzione chiave nella sfera del multipolarismo: due Sovrani – entrambi legati anche da partenariati strategici con la Russia – manifestano ai loro popoli e anche al Sud Globale la loro visione di un XXI secolo più equo, giusto e sostenibile che bypassa completamente i dettami occidentali.

Pechino e Teheran hanno stabilito per la prima volta il loro partenariato strategico globale quando Xi ha visitato l'Iran nel 2016 – solo un anno dopo la firma del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), o accordo nucleare iraniano.

Nel 2021, Pechino e Teheran hanno firmato un accordo di cooperazione della durata di 25 anni che ha tradotto il partenariato globale in sviluppi economici e culturali concreti in diversi settori, soprattutto energia, commercio e infrastrutture. A quel punto, non solo l'Iran (da decenni) ma anche la Cina erano bersaglio delle sanzioni unilaterali degli Stati Uniti.

Ecco un'analisi relativamente indipendente delle sfide e delle prospettive dell'accordo venticinquennale. Ed ecco una prospettiva illuminante dal vicino Pakistan, anch'esso partner strategico della Cina.

Iran: bisogna modernizzare tutto

Pechino e Teheran stanno già cooperando attivamente nella costruzione di alcune linee della metropolitana di Teheran, della ferrovia ad alta velocità Teheran-Isfahan e, naturalmente, di progetti energetici comuni. Il gigante tecnologico cinese Huawei è pronto ad aiutare Teheran a costruire un quadro per una rete di telecomunicazioni 5G.

Raisi e Xi, come prevedibile, hanno sottolineato un maggiore coordinamento congiunto in seno alle Nazioni Unite e all'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), di cui l'Iran è l'ultimo membro, nonché un nuovo impulso alla Belt and Road Initiative (BRI).

Anche se non è stato menzionato esplicitamente, alla base di tutte queste iniziative c'è la de-dollarizzazione del commercio – nel quadro della SCO ma anche del gruppo multipolare di Stati BRICS. L'Iran è destinato a diventare uno dei nuovi membri dei BRICS+, un passo da gigante che sarà deciso nel loro prossimo vertice in Sudafrica il prossimo agosto.

Secondo le stime di Teheran, il commercio annuale tra Iran e Cina potrebbe superare i 70 miliardi di dollari nel medio termine, il che equivarrebbe a triplicare le cifre attuali.

Per quanto riguarda la costruzione di infrastrutture, l'Iran è un partner chiave della BRI. La geostrategia, ovviamente, è difficile da eguagliare: 2.250 km di costa che comprendono il Golfo Persico, lo Stretto di Hormuz, il Mare di Oman e il Mar Caspio – ed enormi confini terrestri con Iraq, Turchia, Armenia, Azerbaigian, Turkmenistan, Afghanistan e Pakistan. Tutti i think tank cinesi ritengono che l'Iran sia insostituibile, non solo per i corridoi terrestri della BRI, ma anche per la Via della Seta marittima.

Il porto di Chabahar potrebbe essere un affare primario tra Iran e India, in quanto parte del Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), quindi direttamente collegato alla visione indiana di una Via della Seta che si estende all'Asia Centrale.

Ma gli sviluppatori portuali cinesi hanno altre idee, incentrate su porti alternativi lungo il Golfo Persico e nel Mar Caspio. Ciò aumenterà i collegamenti marittimi con l'Asia centrale (Turkmenistan e Kazakistan), la Russia e il Caucaso (Azerbaigian).

E questo ha perfettamente senso se si combina lo sviluppo dei terminali portuali con la modernizzazione delle ferrovie iraniane – fino alla ferrovia ad alta velocità.

Uno sviluppo ancora più rivoluzionario sarebbe il coordinamento da parte della Cina del collegamento BRI di un corridoio iraniano con il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), già in corso, lungo 3.200 km, da Kashgar nello Xinjiang al porto di Gwadar nell'Oceano Indiano.

Questo sembrava perfettamente plausibile quando il primo ministro pakistano Imran Khan era ancora al potere, prima di essere spodestato da un colpo di stato lawfare [l'uso di sistemi e istituzioni legali per danneggiare o delegittimare un avversario, o per scoraggiare l'uso dei diritti legali da parte di un individuo]. La chiave di tutta l'impresa è la costruzione delle infrastrutture necessarie nel Balochistan, su entrambi i lati del confine. Da parte pakistana, ciò servirebbe a stroncare gli "insorti" alimentati dalla CIA – tipo l'Esercito di Liberazione del Balochistan – a eliminare la disoccupazione e a far sì che il commercio si occupi dello sviluppo economico.

L'Afghanistan entra ovviamente nell'equazione – sotto forma di un corridoio Cina-Afghanistan-Iran collegato al CPEC. Dal settembre 2021, Pechino ha spiegato ai Taleban, nei dettagli, come possono trarre profitto da un corridoio infrastrutturale – completo di ferrovie, autostrade e oleodotti – che parte dallo Xinjiang, attraversa il corridoio di Wakhan nell'Afghanistan orientale, passa per l'Hindu Kush e arriva fino in Iran.

Il cuore del multipolarismo

L'Iran è perfettamente posizionato per un boom a propulsione cinese dell'alta velocità ferroviaria, che lo collegherà alla maggior parte dell'Asia centrale (Kazakistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan).

Ciò significa, in pratica, una fredda connettività con un importante cluster logistico: la Zona Economica Speciale (ZES) di Khorgos, a soli 330 km da Almaty, al confine tra Kazakistan e Cina, e a sole quattro ore da Urumqi, la capitale dello Xinjiang.

Se la Cina ci riuscisse, si tratterebbe di una sorta di Santo Graal della BRI, che interconnetterebbe Cina e Iran attraverso Kazakistan, Turkmenistan, Afghanistan e Pakistan. Niente di meno che diversi corridoi in uno.

Tutto ciò sta per accadere mentre la Rivoluzione Islamica in Iran celebra il suo 44° anno.

Ciò che sta già accadendo ora, a livello geopolitico, e pienamente riconosciuto dalla Cina, potrebbe essere definito come il pieno rifiuto di un'assurdità: l'Occidente collettivo che tratta l'Iran come un paria o, nella migliore delle ipotesi, come una neo-colonia sottomessa.

Con i diversi filoni della Resistenza incorporati nella Rivoluzione Islamica finalmente consolidati, sembra che la storia stia finalmente spingendo l'Iran come uno dei poli chiave del più complesso processo in atto nel XXI secolo: l'integrazione dell'Eurasia.

A 44 anni dalla Rivoluzione islamica, l'Iran gode di partnership strategiche con i tre principali BRICS: Cina, Russia e India.

Probabile che diventi uno dei primi nuovi membri dei BRICS+, l'Iran è il primo Stato dell'Asia occidentale a diventare membro a pieno titolo della SCO e sta concludendo un accordo di libero scambio (FTA) con l'Unione economica eurasiatica (EAEU).

L'Iran è un importante partner strategico sia della BRI, guidata dalla Cina, sia dell'INSTC, insieme a Russia e India.

Con il JCPOA essenzialmente morto e con tutte le "promesse" occidentali che giacciono nella polvere, Teheran sta consolidando il suo ritorno a Oriente a rotta di collo.

Ciò che Raisi e Xi hanno siglato a Pechino preannuncia la preminenza cinese in tutta l'Asia occidentale, percepita da Pechino come una conseguenza naturale del riconoscimento e dell'onorabilità della centralità regionale dell'Iran.

La strategia iraniana del "Look East" non potrebbe essere più compatibile con la BRI – poiché una serie di progetti BRI accelererà lo sviluppo economico dell'Iran e consoliderà il suo ruolo ineludibile quando si tratta di corridoi commerciali e di fornitore di energia.

Negli anni '80 Teheran era governata da una strategia "Né a Est né a Ovest", fedele ai principi della Rivoluzione Islamica. Questa strategia si è ora evoluta, pragmaticamente, in " Guardare verso Est". Teheran ha cercato di "guardare a ovest" in buona fede, ma ciò che il governo statunitense ha fatto con il JCPOA – dal suo assassinio alla "massima pressione" fino alla sua abortita rianimazione – è stata una lezione abbastanza storica.

Quello che Raisi e Xi hanno appena dimostrato a Pechino è la via sovrana da seguire. I tre leader dell'integrazione eurasiatica – Cina, Russia e Iran – sono in procinto di consolidare il nucleo del multipolarismo al più presto.

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