di Marcello Faletra
Sul muro di una cella del carcere di Torino il 22 luglio del 1944 fu trovata questa scritta fatta col sangue: MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE. Era di Ignazio Vian impiccato senza processo dai fascisti a seguito di una delazione.
Il 25 Aprile è la ricorrenza di un fatto eccezionale della storia del nostro paese: l’insurrezione di larghe masse non soltanto per riconquistare la libertà, ma anche per mobilitarsi contro i piani di distruzione delle fabbriche messo in atto dai nazisti. L’insurrezione salvò gran parte delle industrie del nord col sangue dei partigiani. Il 25 Aprile, dunque, non è una commemorazione che concerne solo i “partigiani”, ma investe anche la smemorata classe industriale le cui fabbriche furono salvate da una tempestiva preparazione di resistenza. Di questa memoria gli industriali oggi ne ignorano deliberatamente o per ignoranza la portata.
In una lettera di Sandro Pertini (futuro presidente della Repubblica) indirizzata al “Presidente del Tribunale Speciale” datata 23 febbraio 1933, è scritto: “La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme. Il recluso politico Sandro Pertini”.
Ieri gli oppositori al regime fascista erano assassinati come Matteotti e molti altri, oppure reclusi o mandati al confino come Cesare Pavese o Gramsci - fatto morire in carcere.
Oggi nella dittatura economica planetaria, le forme di oppressione hanno assunto un volto diverso nella forma, ma identico nella sostanza: censurare autori ingrati, manganellare giovani dissidenti e pacifisti, bullizzare giornalisti e autori che non stanno al gioco guerrafondaio euro-atlantico...Ieri un filosofo come Immanuel Kant poteva scrivere Per la pace perpetua, oggi chi presume di rappresentare intere masse in Europa – giornalisti embedded e politici - discetta che la pace si ottiene mostrando i muscoli, cioè con le armi!
Ieri la resistenza al fascismo fu un movimento nazionale. Nelle brigate partigiane confluivano meridionali e settentrionali. La resistenza non guardava alle forzate linee di separazione geografica. Oggi ci sono partiti che giocano maldestramente per la separazione nord/sud con proposte separatiste anticostituzionali. Il processo in atto di sacralizzazione della “patria” come divisa identitaria, che rischierebbe di essere sottoposta a “sostituzioni etniche”, era già un’ossessione dei nazi-fascisti. L’eugenetica razziale si fa strada, cambiano solo gli attori della storia: ieri erano gli ebrei a dover subire questa “selezione” biologica sotto il mantello della purezza razziale, oggi sono tutti i popoli oppressi - tra cui in diretta stiamo assistendo, inermi, all’eliminazione del popolo palestinese - che per secoli abbiamo sfruttato, soggiogato e sterminato. Le politiche paranoiche contro gli “stranieri” sono ormai un dato di fatto nell’attuazione di piani di respingimento e di esclusione di tutti coloro che fino a ieri sono stati sfruttati.
Il 25 Aprile è anche il giorno nel quale si frantuma la fede cieca nell’obbedienza all’autorità, come si cerca di ripristinare nelle aule scolastiche a suon di manganelli. In questo scenario il fascismo di ieri si prende una vittoria postuma, dove l’imposizione dell’ordine, l’assoggettamento al comando, le censure al pensiero critico e libero, si sostituiscono alle garanzie di libertà costituzionali.
Il 25 Aprile è la vittoria della pace sulla guerra voluta dai nazi-fascisti. Questo è l’insegnamento più importante che ci arriva dalle lotte partigiane. Oggi la stessa parola Pace, con le sue implicazioni sociali, etiche e politiche, è bullizzata da un sistema politico e mediatico che si erge come un muro contro ogni speranza di convivenza pacifica tra i popoli.
Il 25 aprile ci consegna una fondamentale distinzione sul destino della rappresentazione dei morti per cause politiche e civili: CHI E’ MORTO PER CONQUISTARE LA LIBERTA’ NON E’ UGUALE A CHI E’ MORTO PER SOPPRIMERLA. La morte di un mafioso, di un dittatore non è uguale alla morte di chi ha tentato con ogni mezzo di combatterli.
Il 25 aprile ci ricorda anche un fatto che ha determinato la subordinazione dello stato italiano a quello statunitense. Ci ricorda che la nostra pace dopo la seconda guerra mondiale è stata una pace concordata, non dettata. Questa distinzione risale a Karl von Klausewitz (generale prussiano vissuto tra il Settecento e l’Ottocento) che scrisse una delle più pregnanti riflessioni sulla guerra.
La pace dettata è imposta senza alcuna mediazione dai perdenti, come è accaduto al Giappone. Prima della disfatta del fascismo (1943) il generale Badoglio era propenso per una pace dettata, ma gli eventi in corso dovuti alla resistenza dei partigiani portarono successivamente a una pace concordata. Vale a dire una pace dove le idee di libertà e giustizia sociale sono confluiti nella Costituzione.
Oggi, le condizioni sono mutate. Resta tuttavia il fatto che l’azione di censura, di oppressione e delazione, continuano ad esistere: la stampa non è “libera” come vorrebbero farci credere, ma, nel caso italiano è portavoce di gruppi privati. Cambiano le forme del potere, non la sete di potere.
I nemici della nostra Costituzione, oggi, hanno cambiato aspetto: sono quelli che portano la cravatta, si vestono con abiti firmati da griffe esclusive e agiscono in ambienti arredati da illustri architetti.
Ieri occorreva liberarsi dalla dittatura fascista. Oggi occorre liberarsi dalla ferocia neoliberista e dai loro portaborse parlamentari.
Il 25 aprile è oggi, domani e sempre. Non è soltanto una commemorazione.
Ieri il 25 aprile - giorno della Liberazione - consentì agli italiani di costruire una democrazia concordata. Oggi stiamo subendo una pseudo-democrazia dettata dai mercati.
Ecco perché il 25 Aprile non ha perso nulla del suo valore reale e simbolico di Liberazione e di costruzione di una democrazia partecipata.
Il 25 Aprile deve ricordarci che dobbiamo liberarci dalla politica intesa come “governance”, come si usa dire nel gergo neoliberista, vale a dire l’attività dei portaborse – cioè “tecnici” - che hanno usurpato la sovranità popolare, mentre occorre restituire a questa parola (politica) la sua funzione di sorveglianza della Costituzione e di partecipazione diretta alle scelte e, soprattutto, di ripristinare lo stato di diritto che negli ultimi anni è stato offeso e cancellato.
Il 25 Aprile è la data di costruzione di un presente e un futuro liberati dall’impolitica di una classe di fanatici del potere, di accoliti della corruzione, di impostori con la maschera del “politico”.
Il 25 aprile, infine, ci sollecita ad andare contro coloro che in Europa hanno deviato denaro pubblico per l’industria delle armi con le guerre in corso, la dove scuole, sanità pubblica, beni comuni, salari, e precariato, sono sviliti, offesi, umiliati....
Il 25 aprile prossimo venturo è una finestra aperta sulle elezioni europee: occorre disertare le istanze del capitalismo di guerra e avvantaggiare i popoli per la pace; è la sola via d’uscita da questo tunnel ossessivo e paranoico che ci sta portando alla catastrofe planetaria.
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