Andrea Zhok - La logica dell'escalation


di Andrea Zhok*

C’è una notizia, dalle implicazioni potenzialmente devastanti, che è stata sostanzialmente trascurata nel dibattito pubblico degli ultimi giorni. Il 24 maggio missili di provenienza ignota (o quantomeno dichiarata ignota) hanno colpito il sistema radar russo Voronezh, presso Armavir, nella regione di Krasnodar, tra Mar Nero e Mar Caspio.

Si tratta di uno dei dieci radar ad alta frequenza che hanno la specifica funzione di indentificare attacchi nucleari strategici a lunga distanza.

Sono impianti colossali, estremamente sensibili ed estremamente costosi, e fanno parte dell’apparato russo per la deterrenza nucleare.

Secondo il documento emanato nel giugno del 2020 (riprendo il riferimento da un ottimo articolo di Clara Statello) dal titolo “Principi fondamentali di politica statale della Federazione russa sulla deterrenza nucleare” (riferimento nei commenti) la Russia definisce in modo molto chiaro le condizioni sotto cui una risposta nucleare strategica può essere possibile; all’articolo 19 troviamo scritto:

“Le condizioni che specificano la possibilità dell'uso di armi nucleari da parte della Federazione Russa sono le seguenti:
a) arrivo di dati attendibili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati;
b) utilizzo di armi nucleari o altri tipi di armi di distruzione di massa da parte di un avversario contro la Federazione Russa e/o i suoi alleati;
c) ATTACCO DA PARTE DELL'AVVERSARIO CONTRO SITI GOVERNATIVI O MILITARI CRITICI DELLA FEDERAZIONE RUSSA, LA CUI INTERRUZIONE COMPROMETTEREBBE LE AZIONI DI RISPOSTA DELLE FORZE NUCLEARI;
d) aggressione contro la Federazione Russa con l'uso di armi convenzionali quando è in pericolo l'esistenza stessa dello Stato.”

Il comma c) corrisponde precisamente a quanto appena avvenuto, cioè all’attacco al radar di Armavir.
È importante comprendere che tale attacco non dovrebbe avere alcun significato militare per il conflitto russo-ucraino, quantomeno non SE esso dovesse svolgersi davvero con scambi limitati ai territori russo e ucraino. Il territorio ucraino è ampiamente sorvegliato da altri sistemi a corto raggio. Potrebbe avere invece qualche rilevanza se ci fosse un attacco alla Crimea con missili a lunga gittata da paesi Nato, perché un danno del genere limita la precocità di rilevamento del sistema difensivo russo nell’area meridionale della federazione (quella in cui, per inciso, sono stazionati i sommergibili nucleari americani).
Ora, ciò che a mio avviso merita qualche riflessione è la Logica dell’Escalation.

È chiaro, ed è stato pubblicamente esplicitato dall’ex capo dell’Agenzia spaziale russa Roscosmos, che un attacco del genere può essere stato effettuato soltanto con i più avanzati sistemi di puntamento e missilistici della Nato.

La vera domanda ora è: qual è il significato di un simile attacco?
Temo che la risposta sia tanto semplice quanto preoccupante. La dirigenza Nato sa ovviamente di aver superato una linea rossa esplicitamente definita come potenziale causa di una risposta nucleare. Sa anche che, nonostante la pubblicistica sulla pazzia di Putin, il presidente russo è estremamente equilibrato e razionale, e che non vuole affatto avviare un conflitto nucleare da cui tutti – Russia inclusa - uscirebbero gravemente danneggiati, se non estinti.

Il calcolo Nato è perciò probabilmente esprimibile nei seguenti termini:
“Noi superiamo una linea rossa e mostriamo di sapere che l’avversario non risponderà in forma nucleare; così facendo dimostriamo l’illusorietà delle sue minacce di deterrenza nucleare e ne miniamo la credibilità. Inoltre lo spingiamo a qualche ‘fallo di reazione’ sull’Ucraina, che può screditarlo ulteriormente.”

Questo calcolo potrebbe essere corretto.

Tuttavia qui siamo di fronte ad un gioco sottile e pericolosissimo di aspettative reciproche.

La ragione per cui un attacco al sistema di rilevazione delle minacce nucleari strategiche è equiparato, nella rosa delle risposte possibili, ad un attacco nucleare è che una volta accecato il sistema radar in un’area, questa diviene vulnerabile ad attacchi nucleari incapacitanti (la dottrina del "Preemptive Strike” è studiata dagli anni ’70), cioè attacchi che paralizzano la capacità di risposta nucleare del paese colpito.

Ora, di fronte ad un punto cieco, ad una riduzione significativa della capacità di rilevare minacce missilistiche a lungo raggio e la loro natura, l’eventualità che un attacco convenzionale venga interpretato come un “Preemptive Strike” crescono esponenzialmente. Il nemico forte può dosare con precisione le sue risposte, il nemico indebolito può perdere questa capacità e predisporsi ad una risposta allo scenario peggiore.

A tutto ciò si deve aggiungere un’altra ambiguità creata dalle definizioni correnti intorno alla natura delle armi utilizzabili. Le cosiddette “armi nucleari tattiche” sono considerate parte dell’arsenale ordinario e dunque, formalmente, un loro utilizzo non significherebbe l’avvio di una “guerra nucleare”. Ma di fatto non è possibile valutare precisamente, tantomeno nei tempi rapidi di decisione che si affaccerebbero, se un’arma nucleare sia da considerare tattica o strategica, se il suo potenziale è da considerarsi “limitato” o meno. Questa situazione crea un pericolosissimo “scivolo” che può condurre dal timore per un attacco strategico ad una risposta nucleare tattica a titolo di deterrenza, innescando in breve un conflitto illimitato, anche se nessuno lo vuole.


*Post Facebook del 29 maggio 2024

Le più recenti da OP-ED

On Fire

Quello che ho visto durante la manifestazione per la Palestina del 5 ottobre

di Agata IaconoSono andata alla manifestazione per la Palesina a Roma il 5 ottobre. Volevo fare sentire anch'io la mia infinitesimale voce, presenza, vicinanza, al popolo palestinese dopo un anno dal più...

Emmanuel Todd a l'AntiDiplomatico: "Possiamo salvarci solo accettando la sconfitta della NATO in Ucraina"

di Alessandro BianchiIncontriamo Emmanuel Todd nella sede romana di Fazi, l’editore che ha pubblicato la versione italiana del suo bestseller “La sconfitta dell’Occidente”. Storico,...

Come si è estinta la democrazia negli Stati Uniti. l'AntiDiplomatico intervista Chris Hedges

di Alessandro BianchiE' autore di War Is a Force That Gives Us Meaning (2002), best seller che è stato finalista dei National Book Critics Circle Award. Ha insegnato giornalismo alle università...

AGGIORNAMENTO - E' viva la donna che aveva esposta la bandiera russa a Odessa

  AGGIORNAMENTO 15 OTTOBRE 2024di Leonardo Sinigaglia Elena Chesakova è viva!La donna di Odessa che ha sventolato il tricolore russo sul piedistallo della statua a Caterina II qualche giorno...

Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa