Pino Arlacchi - Quanto siamo distanti dall'apocalisse nucleare?

03 Giugno 2024 07:00 Pino Arlacchi


di Pino Arlacchi



Non siamo ancora sull’orlo dell’Apocalisse nucleare, ma si iniziano ad intravedere le tappe del percorso che potrebbe portarci a un confronto fatale tra grandi potenze. Nonostante le ripetute dichiarazioni americane che occorre evitare di combattere la Terza guerra mondiale, le linee rosse che precedono il possibile scontro atomico tra la Russia e la NATO cominciano ad essere oltrepassate, in Ucraina e dal lato occidentale.

Le armi fornite all’Ucraina dai paesi europei e dagli Stati Uniti dovevano essere usate solo per scopi difensivi e dentro il territorio dell’Ucraina stessa. Tutto ciò per dimostrare di non essere in guerra contro la Russia, ma di assolvere al dovere etico-politico di soccorrere un paese vittima di una invasione illegale. Scartando fin dall’inizio l’ipotesi dell’invio di proprie truppe sul terreno, della creazione di no-fly zones sull’Ucraina e di misure che sarebbero equivalse ad atti di guerra diretta contro la Russia.

A più di due anni dallo scoppio delle ostilità, è chiaro a tutti che la Russia sta prevalendo nel campo di battaglia e che è solo questione di tempo perché completi il controllo dei territori russofoni, equivalenti al 40% della superficie di un paese fratello.

La guerra che si combatte in Ucraina è una classica guerra convenzionale, e finché essa resterà tale la superiorità russa - in termini di soldati, armi e risorse materiali di background - continuerà a crescere.

Diventa anche sempre più evidente che la carenza di mezzi bellici sofferta da Kiev non può essere colmata da alcun ulteriore incremento degli invii occidentali di ordigni, aerei, carri armati e munizioni. Le sorti del conflitto possono essere rovesciate solo con l’ingresso nel campo di battaglia di un vasto contingente di truppe NATO ben armate ed addestrate, libere di colpire obiettivi di ogni genere, collocati anche in territorio russo. Ma ciò equivale ad oltrepassare tutte le linee rosse prefissate. Significa aprire proprio quello scontro convenzionale a tutto campo tra la NATO e la Russia che si voleva evitare accuratamente all’inizio delle ostilità.

Non siamo ancora a questo punto, e può anche darsi che la rimozione del divieto di colpire obiettivi interni alla Russia si limiti a moltiplicare attacchi oltreconfine su scala limitata eseguiti da militari ucraini e dai militari europei e americani già presenti in loco ed ignorati finora dai russi. Ognuno di questi sconfinamenti riceverà una risposta da parte di Mosca, senza che vengano alterate le dinamiche complessive della guerra.

Ma se assisteremo a ripetuti bombardamenti su più vasta scala in territorio russo, con significative perdite civili, eseguiti con armi di paesi NATO, la reazione di Mosca sarà più che simmetrica e colpirà non solo le basi di partenza ucraine degli attacchi ma anche le basi dell’Alleanza da cui provengono le armi di cui sopra. Ci troveremo così dentro quella escalation che può condurci, consapevoli o meno, dritti verso la catastrofe atomica.

La reazione russa anti-NATO obbligherà l’Alleanza ad impiegare quote sempre maggiori della sua forza, fino a dispiegarla quasi interamente. E siccome anche i russi sanno che questa forza è maggiore della loro, Mosca si convincerà di essere entrata in una guerra convenzionale che può perdere, e che rappresenta una minaccia alla sua esistenza come Stato e come nazione. Il più acuto degli strateghi russi, Dmitry Trenin, lo ha affermato chiaramente: una sconfitta in Ucraina porterebbe alla caduta del governo russo attuale, al caos all’interno del paese e ad una probabile guerra civile.

Questo esito può essere contrastato da due eventualità: 1) una spaccatura verticale all’interno della NATO che ne comprometta la forza militare, consentendo alla Russia di prevalere nello scontro convenzionale; 2) l’adozione tempestiva dell’opzione nucleare dal lato di Mosca.

La prima eventualità è alquanto remota. I grandi Stati più riluttanti ad una entrata in guerra contro la Russia sono gli Stati Uniti e l’Italia, ma le resistenze di questi ultimi possono essere travolte da una ondata di pugnacità mediatico-politica interna che costringa i loro governanti ad allinearsi al resto dei membri NATO. La seconda eventualità diventa perciò la più probabile, e su questo argomento la dottrina nucleare della Russia non è diversa da quella delle altre potenze atomiche. Si inizia con una esplosione dimostrativa effettuata in un luogo remoto e disabitato per consentire al fungo atomico di sprigionare il suo potenziale dissuasivo e terrificante, e poi si passa all’impiego delle atomiche tattiche contro concentrazioni di truppe e impianti militari.

Da qui in poi nessuno è in grado di ipotizzare con precisione ciò che può accadere. Perché non c’è esperienza pregressa, e perché nessuno ha voglia di concentrarsi su un pensiero così mostruoso.

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