di Alessandro Volpi
L'intervento di Ursula von der Leyen ha, tra i tanti, un aspetto veramente surreale.
Il Green Deal è posto tra gli obiettivi primari ma, per finanziarlo, non è previsto un vero debito comune europeo, se non per una percentuale di copertura assai limitata.
Peraltro, le "obbligazioni verdi" che dovrebbero essere emesse dalla Commissione faranno concorrenza ai titoli di Stato dei vari paesi membri, a cominciare dall'Italia, che pagheranno interessi salatissimi. Non mi sembra affatto causale, in tal senso, che proprio nel giorno della riconferma di Von der Leyen, la presidente della Bce, Christine Lagarde, annunci che non ci saranno tagli dei tassi e che il rigore dovrà continuare.
In estrema sintesi, il Green Deal sarà finanziato in larghissima parte da risorse private ed è facile prevedere che saranno quelle dei grandi fondi americani a cui l'Europa pagherà un conto molto alto.
Nel momento in cui negli Stati Uniti la coppia Biden-Vance diventa lo strumento adottato da una fetta della super finanza per convincere la Big Three a non escluderla dalla bolla di Wall Street, la coalizione che sostiene Von der Leyen spalanca ulteriormente le porte a Larry Fink e soci, mettendogli a disposizione la colossale partita della transizione ecologica.
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