di Gianpasquale Santomassimo*
Vedo che in televisione molti opinionisti paragonano la situazione attuale dei dem a quella del 1968, con la rinuncia di Johnson e la sconfitta finale del suo vicepresidente Humphrey.
La similitudine può reggere solo in parte, dove si sottolinea il contrasto tra una politica interna positiva e una politica estera disastrosa. Ma il personale politico democratico era di altra caratura. In quella tragica campagna elettorale l'assassinio di Robert Kennedy sbarrò la strada a un probabile candidato vincente.
Va detto che anche H.H.Humprey, nominato alla fine nella sanguinosa convention di Chicago, era una personalità politica ragguardevole. Non era una nullità decorativa come Kamala Harris, ma un politico legato ai sindacati e rappresentava il Nord produttivo che il texano Johnson non poteva rappresentare. Johnson che peraltro aveva impresso alla difesa dei diritti civili e allo sviluppo dell'eredità rooseveltiana una intensificazione decisa e inattesa.
Il nodo stava tutto dunque nella politica estera. Con una premessa necessaria. Noi sudditi esterni dell'Impero siamo portati a valutare le presidenziali americane sul piano della politica estera e della nostra preferenza per una delle opzioni in campo. Gli statunitensi non votano così. Nel '99 Clinton si presentò con una cartina geografica e una bacchetta per spiegare ai cittadini dov'era il Kosovo e la Serbia che aveva ordinato di bombardare. Il suo successore, Bush jr., era convinto che i talebani fossero un gruppo rock. Poi gli toccò combatterli.
Ma la guerra del Vietnam era una eccezione assoluta. Entrava nelle case degli americani attraverso i servizi giornalistici e televisivi quotidiani, ci entrava soprattutto con le bare dei soldati morti che rientravano a casa per la sepoltura. Nulla di tutto questo si ripeterà nelle guerre successive, con una stampa totalmente "embedded" e le bare dall'Iraq nascoste alla vista con cerimonie segrete.
Altra differenza significativa: Johnson aveva ereditato una guerra decisa dal suo predecessore. Biden invece è stato parte attiva nel creare le condizioni della guerra in Ucraina, fin dalla partecipazione al golpe arancione del 2014 con la presenza del figlio affarista e con la decisione di spostare sempre più a Est i confini della Nato.
*Post Facebook pubblicato il 22 luglio 2024