di Alessandro Volpi*Donald Trump sta costruendo la sua "squadra". A questo riguardo mi vengono in mente tre considerazioni.
La prima. In quella che è stata definita la più grande democrazia del mondo, sembra aperta la distruzione proprio dei formalismi della democrazia liberale e della narrazione illuministica. Nominare Procuratore generale un imputato per traffico sessuale di minorenni, mettere alla guida della Difesa un conduttore televisivo con croci tatuate nel petto, affidare la sicurezza interna ad una governatrice cha ha sparato al suo cane perché non le obbediva, scegliere per la National Intelligence una ex deputata democratica accusata di propaganda filorussa, designare dei "negazionisti" alla direzione dell'Agenzia per l'ambiente, al Territorio e alla sanità vuol dire cancellare con una riga netta ogni traccia della mitologia dell'America politicamente corretta, dei "progressisti" bostoniani e kennediani. Vuol dire costruire la rappresentazione del paese "popolare", che vive sui social, che ha lavori troppo poveri per non essere arrabbiato con le élite e per sottostare alle eccessive "regole" democratiche, che pretende di farsi giustizia da solo, odiando, sparando e non accettando più giudizi morali sui propri gusti pornografici. Vuol dire dare voce a quel mondo che le pretese di superiorità dei "dem", della parte più ricca e colta della upper class non ha mai compreso.
La seconda considerazione riguarda il fatto che tra le nomine non figurano ancora le caselle economiche. Certo c'è Musk con un incarico tra il Cottarelli d'America e il disboscatore selvaggio di ogni vincolo agli spiriti animali dl capitalismo, ma mancano i posti chiave, a cominciare dal segretario al Tesoro. Qui Trump dovrà fare molta attenzione perché la narrazione pop del suo vice Vance di restaurare un'America industriale, a colpi di dazi e con una politica monetaria espansiva, liquidando il recalcitrante Powell, può essere pericolosissima, sfasciando la dollarizzazione e, con essa, l'economia a stelle e strisce.
In tale prospettiva diventa decisiva la terza considerazione che può essere resa esplicita da un fatto particolare. La Cina ha inaugurato un maxi hub in Perù, un megaporto finanziato dalla Cosco Shipping Ports, la compagnia di Stato che si occupa di infrastrutture ed è attiva in tutto il mondo. La creazione di tale scalo mette tutta l'America latina nell'orbita cinese, e rafforza il monopolio del paese comunista nel controllo dei grandi porti per container. Tutto ciò rende più facile dire che l'universo pop e le pretese di rinascita industriale del clan Trump possono riuscire a battere i resti della democrazie liberali ma difficilmente potranno sconfiggere il nuovo Impero celeste.