"Htilal". Ong, crimine iracheno e film censurati

22 Marzo 2023 08:00 Michelangelo Severgnini

Arrivai a Baghdad nel luglio 2004.

Di quella esperienza nella Baghdad occupata voglio condividere alcuni ricordi, oggi, a 20 anni dall'inizio dell'aggressione americana dell'Iraq.

Ricordo che in quei mesi il ministro degli esteri di centrodestra Fratini andava dicendo che l'Italia inviava soldati italiani in Iraq perché ce lo chiedevano gli Iracheni.

Però io non li avevo mai sentiti parlare gli Iracheni, non ne avevo mai sentito uno chiederci di inviare i nostri soldati in Iraq.

Allora andai di persona a porger loro la domanda. Ne uscì "...e il Tigri placido scorre... - istantanee dalla Baghdad occupata".

Imparai una nuova parola di Arabo in quei giorni: "htilal", occupazione.

Così loro vedevano la presenza dei nostri soldati nel loro paese, così come quella di tutti gli altri eserciti della coalizione.

"Occupazione" era allora la parolina magica che non si poteva pronunciare.

"Resistenza" ancora meno.

C'era la quasi totalità della sinistra italiana però allora a sostenere questo film.



Eppure una Ong coinvolta nella produzione mi fece notare che "occupazione" nel titolo non si poteva inserire, perché quella in Iraq per il diritto internazionale era un'operazione di "peacekeeping" e quindi l'utilizzo della parola "occupazione" avrebbe rappresentato un'interpretazione politicizzata dell'intervento armato.

Siccome i soldi alla Ong provenivano dall'UE, non si poteva fare politica, ma attenersi al diritto internazionale.

La parola "occupazione" nel titolo rimase, senza mai essere stata messa in forse.

Tuttavia il film fu silenziato, dopo un'iniziale esaltazione.

Anche allora giravo l'Italia per proiettarlo.

Ma oggi, 20 anni dopo, tutto il resto è cambiato. Le Ong si sono mangiate la quasi totalità della sinistra ed ora usano le parole dei guerrafondai.
È cambiato che il resto del mondo (quel mondo che non è la NATO), ha deciso che l'unilateralità occidentale ha fatto storia, che da ora in poi non funziona più.

È cambiato che prima la pace significava deporre le nostre armi. Ed eravamo tutti d'accordo.
Oggi ci vogliono far credere che pace significhi "resa incondizionata del nemico".

Che è cosa molto diversa.

Io, 20 anni dopo, continuo a chiedere le stesse cose:

NO ALLA GUERRA
NO ALL'INVIO DI ARMI (LE NOSTRE)

Le più recenti da EXODUS

On Fire

Alessandro Orsini - Una risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre

  di Alessandro Orsini*  Risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre. Il dibattito sul genocidio a Gaza, reale o presunto che sia, non può prescindere dalle scienze sociali. Nel suo...

La doppia Waterloo della Francia

   di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico In più di una circostanza ho scritto che oltre agli USA a vivere una situazione estremamente complessa in materia di conti con l'estero (debito/credito...

L'Europa ha perso la guerra in Ucraina (ma potrebbe finire anche peggio)

  di Clara Statello per l'AntiDiplomatico L’Unione Europea è stata sconfitta nella guerra in Ucraina. Lo ha detto domenica sera il premier ungherese Victor Orban parlando al canale...

Cosa significa l’assassinio di Kirillov per il conflitto in Ucraina

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico   Esattamente una settimana fa, il premier ungherese Viktor Orban, di ritorno da un incontro con Donald Trump a Mar-a-Lago, annunciava che queste sarebbero...

Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa