L’ultimo articolo comparso nella rubrica “Nuovo Atlante” di Alessandro Orsini sul Fatto Quotidiano ha davvero poco a che fare con il nome stesso della rubrica, al contrario ci ripropone un Vecchio Atlante, quello che dipinge gli altri Paesi come dittature o democrazie a seconda degli interessi occidentali.
Non solo: le storture e le forzature per rendere plausibile la fotografia sono a tratti grottesche.
Secondo l’analisi riportata, il governo Meloni e il ministro degli Esteri Tajani starebbero offrendo una sponda al presidente tunisino Kais Saied. In che modo? Non esprimendo ancora parole di condanna rispetto al suo operato, a differenza di quanto già fatto dalle cancellerie di Stati Uniti, Francia e Germania.
Troppa importanza al silenzio del governo Meloni. Non c’è alcun sostegno in questo silenzio, solo pusillanime titubanza.
Nell’analisi si dice che Gentiloni, in qualità di commissario europeo all’economia, si starebbe prodigando per aiutare il Paese nordafricano. A noi risulta che la scorsa settimana Gentiloni sia stato in visita ufficiale a Tunisi e solo all’ultimo momento sia riuscito ad incontrare il presidente Saied, che con questo comportamento ha manifestato tutta l’insofferenza delle istituzioni tunisine nei confronti dei tentativi di ingerenza nel Paese. Se Gentiloni dichiara che l’UE è pronta ad aiutare la Tunisia solo quando questa avrà accettato il prestito del Fondo monetario internazionale, già rigettato dal governo tunisino perché erogabile solo in cambio della svenidta del Paese, Gentiloni non sta aiutando la Tunisia, sta aiutando il ricatto internazionale di cui la Tunisia è vittima.
Nell’analisi si definisce Shaima Issa prigioniera politica. In realtà a noi risulta sia in carcere per “cospirazione contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato”, così come altre decine di figure torbide che hanno popolato l’indomani della cosiddetta “rivoluzione” che Orsini definisce riuscita e che invece ha messo l’economia tunisina in ginocchio una volta aperta unilateralmente alle ingerenze straniere cui il presidente Saied sta mettendo freno.
Nell’analisi si definisce la Fratellanza Musulmana un movimento pacifico rispettoso dei diritti umani. Che si chieda un parere ai cittadini libici della Tripolitania, dove la Fratellanza Musulmana dà copertura ai peggiori criminali islamisti in circolazione.
Nell’analisi si definisce il presidente Kais Saied dittatore dunque, benché sia stato eletto con ampio margine di suffragio da un voto diretto alla fine del 2019 e goda tuttora dell’ampio appoggio del suo popolo.
“Soldi in cambio di democrazia” è lo slogan lanciato all’interno dell’analisi. Ovvero, la Tunisia si democratizza e noi gli mandiamo i soldi.
Che detta così suona però davvero molto male.
Noi stabiliamo cos’è democrazia e sulla base del nostro arbitrio ricattiamo i Paesi che lottano per affermare la propria sovranità.
E cosa dovremmo dire della Libia dunque, dove il parlamento eletto dal popolo ha dato la fiducia ad un governo che non viene nemmeno riconosciuto dalla comunità internazionale mentre il governo che siede a Tripoli non ha mai ricevuto il voto di fiducia del parlamento eletto dal popolo?
Ecco il doppio standard di chi invoca democrazia in Tunisia (dove in realtà si sono appena tenute nuove elezioni lo scorso gennaio) e non dice una parola sull’illegittimità del governo di Tripoli (dove le elezioni non si tengono per non permettere a Saif Gheddafi di essere eletto presidente)
E’ sempre la solita storia. E’ sempre il solito vecchio atlante eurocentrico.
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