di Michelangelo Severgnini
Domani verrà presentato al Festival di Venezia il nuovo film di Matteo Garrone "Io Capitano".
Questa non è una recensione, dal momento che il film non è ancora uscito e tantomeno io l'ho visto.
A partire però dalle parole dello stesso Garrone, conosciamo la metodologia di lavoro utilizzata e le fonti a disposizione: "le testimonianze vere di chi ha vissuto l'esperienza".
Pertanto questo è un film superato, nato già vecchio.
Da 5 anni pubblico le testimonianze non di chi ha vissuto l'esperienza (ed ha quindi raggiunto l'Europa e il lieto fine), ma di chi la sta vivendo in questo stesso momento, in diretta dalla Libia.
Questa puntata con i primi messaggi vocali raccolti è stata pubblicata 5 anni fa
Ne consegue che i racconti ottenuti dai migranti "che ce l'hanno fatta" siano molto diversi da quelli dei migranti che sono ancora lungo il cammino.
Perché? Perché solo una piccola parte poi raggiunge l'Italia e l'Europa. Gli altri restano indietro nelle maglie di mafie e milizie, finendo i loro giorni in stato di schiavitù. E non perché lo vuole l'Europa. Ma perché sono proprietà degli schiavisti africani che non se ne disfano gratuitamente.
Da decenni in Europa si fa una narrazione drogata e auto-assolutoria del fenomeno migratorio.
E la narrazione emergente è quella che io chiamo la "narrazione fiabesca" o "narrazione gloriosa", perché parla esclusivamente di storie a lieto fine oppure strappalacrime per gli sfortunati che annegano.
La vera storia però la raccontano quelli che rimangono indietro, quelli che non ce la fanno, quelli che decidono di tornare a casa perché capiscono di essere tra quella maggioranza di persone che l'Europa non la vedranno mai, quelli con cui Garrone non ha parlato perché si è accontentato di intervistare chi ce l'ha fatta.
Sono i cosiddetti migranti di ritorno. E si esprimono in modo alquanto differente. Anzi, c'è chi accusa i migranti in Europa di contribuire alla diffusione di una narrazione fasulla.
<<Se non hanno il coraggio di dire la verità ai loro fratelli che sono nei loro paesi, noi che siamo ritornati abbiamo preso la decisione di dire, di condividere le informazioni reali che siano informazioni riguardanti l'Europa o riguardanti l'Africa>>, afferma Kouakou Hervé N’dri, migrante ivoriano di ritorno, autore del libro autobiografico “Migrante divenuto schiavo - come Drogba mi ha salvato” che, similmente a quanto raccontano i migranti-schiavi nel film e nel libro “L’Urlo”, spiega un concetto del tutto evidente ormai, che solo la mistificazione e la censura delle Ong può oscurare a nord di Tripoli: migrazione e schiavitù in Africa si sovrappongono.
Garrone, dopo il film su Gomorra che ha sdoganato sul grande schermo la figura sociale del "moderno camorrista", ora si appresterebbe a sdoganare anche quella del trafficante di uomini?
Qui sotto trovate due post di una pagina gestita dai trafficanti su Facebook.
Non sono le parole di qualcuno disperato che vuole fuggire, come ci farebbe credere Garrone.
Sono le parole di un farabutto che deve circuire uno sprovveduto per vendergli un prodotto scaduto. Sono le parole di un trafficante che cerca di attirare nella trappola un povero ragazzino africano sul quale farà una fortuna.
Questo si deve sapere.
P.s Non è un caso che il film "L'Urlo" sia censurato mentre il film di Garrone sia a Venezia.