L’abitudine alla truffa commerciale e/o ai profitti facili grazie ai soldi pubblici non si perde neanche davanti a una pandemia.
Una nota dello scorso 6 settembre inviata dal ministro della Salute al dicastero dell’Istruzione avverte che almeno due lotti di mascherine anti-Covid prodotte da Fca (dalla Fiat, insomma…) debbono essere ritirate perché non conformi agli standard richiesti. In pratica, non proteggono affatto dal contagio.
Nella nota del ministero della Salute si svela che è stata la stessa Fca Italy S.p.a. a segnalare i problemi dei lotti 00914086180 e 00914086190, prodotti nello stabilimento di Mirafiori tra la fine di agosto e la metà di dicembre 2020.
La nota arriva mentre già le scuole stanno riaprendo, e naturalmente incide sulle procedure organizzative degli istituti. Ma non è neanche questo il problema principale, visto che di fatto quelle mascherine sono dei semplici stracci completamente inutili.
Il problema è che neanche si sa in quali scuole siano arrivate le mascherine dei lotti incriminati, «in ragione delle modalità operative con cui la società S.D.A. ha curato la distribuzione»
Perciò l’incombenza di rintracciare quegli stracci spetta «a tutti gli istituti scolastici interessati» affinché «provvedano a individuare, non utilizzare e quarantenare le eventuali giacenze».
Bisogna dire che anche al ministero della salute non stanno benissimo, almeno nel rapporto con la logica: una mascherina fallata diventa “buona” dopo una “quarantenata”?
Bontà loro, le spese e il lavoro necessario a ritirare quella roba e smaltirla spetta al «fabbricante».
Nelle previsioni contrattuali firmate dal governo Conte, la Fiat avrebbe dovuto produrre 27 milioni di mascherine al giorno, oltre la metà del fabbisogno nazionale. Di cui 11 milioni per i bambini più piccoli.
E proprio questi stock avevano sollevato dubbi immediati. Difficili da indossare, puzzolenti, manifestamente inadatte a filtrare alcunché, figuriamoci il virus.
Il sindacato Usb e la onlus Rete Iside portarono le mascherine Fca in un laboratorio di analisi regolarmente accreditato dal governo. Il risultato fu impietoso. Le mascherine prodotte a Pratola Serra rispettavano gli standard richiesti, mentre quelle fabbricate a Mirafiori non filtravano quasi nulla.
L’azienda naturalmente “smentì”, ma senza produrre controanalisi. Supportata – non stranamente – dell’allora commissario all’Emergenza Domenico Arcuri: «non c’è alcun problema di tossicità».
Usb depositò allora una denuncia alla Procura di Roma e alla Corte dei Conti a carico di Fca Italy con l’accusa di «frode in pubbliche forniture». Era il gennaio di quest’anno.
Ora pare che la Fca-Fiat abbia cambiato atteggiamento, cominciando ad ammettere che i due lotti incriminati in effetti non erano conformi a quanto richiesto (stiamo parlando di contagio riguardante minori!).
Vedremo se la magistratura produrrà un risultato, ossia una sentenza negativa per la famiglia Agnelli. Sarebbe già un fatto clamoroso, per le abitudini di questo paese.
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