Ieri mattina, è andato in scena l’ennesimo fallimento sul recupero produttivo tentato dalla dirigenza di Stellantis nello stabilimento ex Fiat, già AlfaSud, di Pomigliano D’arco.
All’ennesimo sabato di lavoro indetto dall’azienda c’è stata una risposta dei lavoratori con un’adesione del 40% da parte dei lavoratori allo sciopero promosso dallo Slai Cobas, come hanno confermato a l’AntiDiplomatico dal sindacato di base.
Sono stati prodotti solo 83 modelli di Alfa Romeo Tonale sui 206 previsti, riguardo la Fiat Panda, 229 rispetto alle 306 programmate.
Secondo lo Slai Cobas, questo risultato scadente è stato raggiunto nonostante “l’azienda abbia reclutato lavoratori dei turni pomeridiani e di entrambi i modelli e i trasfertisti dalle altre fabbriche”
Non solo, “ieri al secondo turno ancora una volta l'azienda è stata impossibilitata a produrre. Stavolta è toccato al modello Tonale a causa delle "difficoltà tecnico impiantistiche" che hanno impedito la produzione.”
Insomma, questo disastro produttivo è dovuto all’arroganza padronale. Da mesi i lavoratori lamentano condizioni e ritmi di lavori insostenibili, così come condizioni igienico-sanitarie precarie nei capannoni.
Il sindacato di base, oltre a rilanciare la lotta, ha denunciato che “pensare di ovviare ai gravi deficit impiantistici (tra cui la verniciatura e la lastro saldatura) con l'aumento di mezz’ora al giorno dell'orario di lavoro e con inoltre i sabato di recupero con lo straordinario non solo è improponibile - e lo stiamo dimostrando ! - ma nei fatti impedisce quel necessario ‘riammodernamento impiantistico’ che di questo passo comincia a segnare la inquietante prospettiva del ridimensionamento occupazionale e produttivo della fabbrica.”
Qualcuno prima o poi dovrebbe dare delle risposte, a partire dai sindacati firmatari degli accordi con la Fiat, i quali, al momento, fanno finta di nulla, dopo aver esaltato negli ultimi 15 anni i presunti investimenti milionari del Lingotto a Pomigliano con l’arrivo della Panda e l’ammodernamento dell’impiantistica.
Ci sono migliaia di posti di lavori in bilico tra Pomigliano e il suo vasto indotto delle automotive, una bomba sociale pronta ad esplodere.
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