di Federico Giusto e Emiliano Gentili
È di fine marzo la denuncia[1] sulla parzialità e l’incompletezza delle informazioni fornite dal Governo in merito al nuovo Pnrr, quello rinegoziato nel dicembre 2023. Tale denuncia è stata effettuata da OpenPolis, una fondazione senza scopo di lucro «che promuove progetti per l'accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica». Uno di questi è proprio il monitoraggio del processo attuativo del Pnrr, ossia l’assegnazione e l’utilizzo dei fondi previsti.
La revisione del Pnrr ha previsto lo spostamento di parte degli investimenti verso il settore energetico ma, «nonostante siano passati più di 3 mesi, non sono ancora disponibili informazioni di dettaglio sulle nuove misure, su quelle modificate e sui relativi importi. Né, soprattutto, è disponibile un elenco aggiornato di tutti i progetti che saranno realizzati».
La questione non è formale o simbolica: l’apertura di un nuovo capitolo di investimenti da 11,18 miliardi di € dedicato al rafforzamento dell’indipendenza energetica comporta, sì, un leggero aumento delle risorse complessive del Pnrr (+ 2,76 miliardi) ma al contempo prevede anche il corposo impoverimento di alcuni dei vecchi programmi. Fra questi vogliamo citare la tutela del territorio e delle risorse idriche (– 5,19 miliardi), l’inclusione sociale e territoriale (– 3,95) e gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni (– 6 miliardi).
Infine, la revisione del Pnrr italiano ha determinato il rimescolamento di progetti e risorse interni ai settori di maggior interesse economico: se ad esempio diminuiscono complessivamente gli investimenti in eolico, batterie ecc., vengono rafforzati quelli per la digitalizzazione produttiva delle imprese (il Ministero per le Imprese è quello che, dopo la revisione del Piano, aumenta più significativamente il proprio budget[2]).
Indubbiamente il Governo è colpevole di non aver presentato informazioni dettagliate su questo punto, probabilmente l’obiettivo era quello di evitare sul nascere un dibattito pubblico (fosse pure tra i soli settori maggiormente interessati alla questione) e di conseguenza il diffondersi di una coscienza critica[3]. Anche perché, a ben vedere, le risorse pubbliche statali aggiuntive messe in campo per finanziare i progetti stralciati ammontano solamente a 3,4 miliardi circa.
In ogni caso non dettagliare i processi attuativi del Pnrr desta sospetto e fa pensare alle volte in cui si vuole scientemente evitare di rendere conto in Parlamento e all’opinione pubblica di difficoltà legate a scelte in materia di Pubblica Amministrazione.
Uno dei motivi di questo comportamento del Governo, oltre al forte retaggio ideologico di destra che vede i processi anche solo formalmente partecipativi come una espressione della cultura politica di sinistra, potrebbe essere la volontà di nascondere ritardi e inefficienze. Questi ci sono e ci sono stati, e in misura nettamente superiore a quanto avvenuto in tanti altri Paesi, come ad esempio la Spagna. I rallentamenti stanno contribuendo a causare un’applicazione degli investimenti disorganica e pertanto economicamente meno efficace, quasi fosse stata orchestrata allo scopo di “sbrigarsi” per non incorrere in tagli sui fondi concessi dalla Commissione Europea.
Secondo OpenPolis uno degli escamotages adottati dal Governo proprio per accelerare i progetti del Pnrr consiste nel prevedere un organo di potere sostitutivo agli enti locali per l’esecuzione dei progetti: «Una decisione che, come molte altre, sembra mirata unicamente a velocizzare l’attuazione del piano e a spendere le risorse, più che a porre le basi per un reale sviluppo dei territori che vada anche nel futuro, oltre il Pnrr».
Questa atavica sfiducia nei confronti degli enti locali è anche risultato di una cultura dura a morire, che vede nel dipendente pubblico un fannullone e al contempo cerca di occultare le carenze di organico, di formazione e di professionalità all’interno di Comuni e Regioni.
E non dimentichiamo, per concludere, che proprio la revisione del Piano è servita all’Italia per far slittare le vecchie scadenze, in modo da nascondere così la polvere sotto il tappeto senza dover affrontare i problemi.
[1] https://www.openpolis.it/dopo-piu-di-tre-mesi-mancano-ancora-dati-sul-nuovo-pnrr/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=pnrr
[2] + 9,23 miliardi di €.
[3] Ricordiamo anche la mancata pubblicazione del Loan Agreement (“contratto di prestito”) fra Italia e UE, diversamente da quanto avvenuto con gli altri Stati europei (vedi https://pagellapolitica.it/articoli/costo-prestiti-pnrr).
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