di Federico Giusti
Giancarlo Giorgetti, ministro dell'economia in quota Lega, non manca occasione per parlarci delle sue origini operaie per rassicurare l'elettorato popolare del centro destra sulla manovra di Bilancio promettendo che i sacrifici saranno fatti dalle banche e dal grande capitale. Come vedremo più avanti i sacrifici saranno invece imposti a quanti già oggi pagano gran parte delle tasse.
Partiamo dal documento programmatico di bilancio (Dpb) da poco inviato a Bruxelles per ricevere il nulla osta indispensabile per portare in discussione nel Parlamento la manovra economica da licenziare entro Natale..
Nel capitolo dedicato alla riforma Irpef e agli interventi di «riduzione del carico fiscale sul lavoro» troviamo una cifra pari a 17,4 miliardi, lo 0,768% del Pil del prossimo anno che poi costituisce più del 60% della manovra. I tagli al cuneo fiscale saranno estesi ai redditi fino a 40mila euro, poi c'è il taglio Irpef che potrebbe estendersi, ammesso ma non concesso, che arrivi nel frattempo il gettito auspicato dal Governo. Al contrario non è dato sapere se nella Manovra finanziaria ci sarà spazio per estendere la Flat Tax degli autonomi, cavallo di battaglia della Lega ma avversa ai guardiani del bilancio comunitario.
I dati economici tuttavia dovrebbero destare qualche preoccupazione nel Governo, ad esempio i buoni risultati vantati per la ingegneria civile sono trainati dal Pnrr i cui effetti "benefici" non saranno permanenti e non è casuale che nel Dpb venga scritto
Nel 2023, la spesa totale è aumentata del 4,4 per cento rispetto all’anno
precedente, principalmente per la significativa crescita della spesa in conto capitale (+19,2 per cento), che ha riguardato sia gli investimenti pubblici, sostenuti dalle spese per progetti finanziati dal PNRR, sia i contributi agli investimenti, influenzati dai bonus edilizi.
E quando si asserisce che l'indebitamento della Pa è destinato a diminuire nel prossimo anno non sono evidenziati i capitoli sociali oggetto di revisione e di tagli, resta il fatto che la domanda interna è assai debole e inferiore alle aspettative. I flussi benefici del Bonus edilizio di questi ultimi anni saranno perduti nell'immediato futuro e quindi ipotizzare la tenuta del settore delle costruzioni parrebbe, a logica, impresa ardua. L'economia nei prossimi anni crescerà mediamente dell'1% e poi si apriranno i lunghi sette anni necessari per ritornare dentro i parametri comunitari tra PIl e debito, un lasso di tempo sufficiente per depotenziare ulteriormente il welfare e contraccambiare la pazienza Ue con qualche riforma strutturale.
Gli aumenti salariali proposti dai rinnovi contrattuali pubblici e privati sono un terzo del reale aumento del costo della vita, il Governo, in accordo con le associazioni datoriali, sceglie di finanziare il potere di acquisto con tagli al cuneo fiscale che a loro volta faranno mancare risorse allo Stato.
La coperta è decisamente corta e l'assenza di aliquote fiscali eque e progressive è il vero problema eluso dalla Maggioranza di Governo.
Della riduzione delle tasse beneficeranno in sostanza i redditi meno alti e in misura assai minore tutti gli altri, in compenso lo Stato rinuncia a introdurre meccanismi fiscali improntati ad equità fiscale che porterebbero indubbi benefici anche al welfare (e per questo si punta sempre più sulla previdenza e sulla sanità integrativa, sul sistema delle assicurazioni private). E non è dato sapere se in futuro il taglio al cuneo fiscale potrà essere sostenibile, un suo eventuale ridimensionamento, specie su pressioni UE, avrebbe l'effetto di ridurre ulteriormente il potere di acquisto e la capacità di spesa delle famiglie italiane.
Se guardiamo ai singoli capitoli di spesa, ad esempio sanità e istruzione, viene registrato un piccolo aumento ma non è dato sapere chi ne beneficerà, ad esempio in campo sanitario i vantaggi potrebbero andare proprio al settore privato.
Gli ammortizzatori sociali avranno una parte rilevante perchè molte aziende saranno costrette a chiudere i battenti con la svolta green, incapaci di riposizionarsi sui mercati nazionali e internazionali e il costo sociale ricadrà direttamente sullo Stato. E qui entrano in gioco le politiche attive che nel complesso non hanno dato i risultati sperati affidate a formatori privati o agenzie interinali.
Il capitolo legato alla sicurezza dei territori, il nostro paese corre seri rischi idrogeologici, subirà piccoli tagli il che dovrebbe indurre a ulteriori riflessioni visto che da anni si spende meno della media europea per la cura e la manutenzione, per prevenire effetti calamitosi che poi presentano costi sociali ed economici elevati.
Anche le tanto sbandierate misure a sostegno delle famiglie e dell'emergenza sociale potrebbero presto dimostrarsi inadeguate e insufficienti, eppure su questo punto il Governo si è ripetutamente speso (a parole) salvo poi cancellare il Reddito di cittadinanza e senza neanche ipotizzarne una revisione come misura economica a sostegno dei meno abbienti.
Siamo un paese nel quale il ceto medio si sta progressivamente impoverendo e proletarizzando, del resto tra i titolari di redditi medio-bassi ci sono anche quasi tutti i dipendenti pubblici, non hanno ancora siglato i contratti nazionali scaduti da quasi tre anni e stanno già ipotizzando aumenti del 5,5% dal 2025 al 2027 compreso: Gli Enti pubblici non statali poi dovranno, come sempre, reperire le risorse nei propri bilanci e poi non è dato sapere se i contributi statali saranno inalterati o soggetti ai tagli, del resto Enti locali e Regioni continuano a reclamare fondi loro spettanti e promessi ma mai arrivati. Asserire allora che non ci saranno ricadute complessive sui saldi complessivi della finanza pubblica appare a dir poco una sorta di infondato ottimismo.
Chi paga allora la prossima finanziaria? Il governo dice che a pagare saranno le banche ma stanno parlando solo di un anticipo che dovrà essere restituito (con quali soldi o capitoli di bilancio?) nell'immediato futuro quando lo consentiranno i margini di deficit. Ma sulla restituzione, visto che siamo la Ue della libera circolazione dei capitali, non nutriamo dubbi alcuni, se mancheranno i soldi andranno a prenderli dai capitoli sociali.
Una buona parte delle risorse necessarie arriveranno quindi dai tagli di spesa, ad esempio dai fondi destinati ai Ministeri e agli Enti locali, mentre la spesa per il Pnrr resta meno della metà delle stime iniziali. Viste le premesse per la Manovra di Bilancio i motivi di preoccupazione risultano assai superiori a quelli avanzati sulla stampa, ci sembra evidente che il Governo si stia arrampicando sugli specchi e mentre nega dei tagli li stia in realtà quantificando.
Allo stesso tempo si promettono meno tasse ma i costi a carico delle famiglie saranno invece in continua crescita come del resto la erosione del potere di acquisto dei salari.
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