di Federico Giusti
La crisi economica imperversa in tutti i paesi Ue, se Berlino piange Roma o Parigi non possono certo gioire. La produzione tedesca cala del 17% rispetto al 2017 e attraversa tutti i comparti industriali, in particolare quelli della manifattura tradizionale ma è innegabile che si stia portando dietro, verso la recessione, le imprese di altri paesi europei.
E la crisi economica diventa anche politica con elezioni in Germania anticipate entro la Primavera 2025 dopo la rottura interna alla maggioranza governativa tra liberali da una parte e social democratici e verdi dall'altra.
Lo scontro nell'Esecutivo tedesco è il risultato finale del prolungato e intestino conflitto nella coalizione di maggioranza, i punti salienti sono legati alle scelte economiche e politiche dirimenti da assumere rispetto alla transizione cosiddetta green e dinanzi all’accrescimento dei costi energetici, alla loro accessibilità per le imprese renane, alla richiesta datoriale di potenziare l'ammortamento fiscale per attrarre investimenti dall'estero nonché dalla diffusa volontà di aumentare la spesa militare e il sostegno all'Ucraina
La guerra in Ucraina, il blocco delle importazioni energetiche a basso costo dalla Russia, gli anni pandemici alla insegna del rallentamento dei flussi commerciali sono le cause della crisi ma è indubbio che bisognerebbe ricercare nelle scelte della Ue l'origine del progressivo indebolimento delle economie del vecchio continente, mentre la Ue tagliava risorse alla innovazione tecnologica, negli Usa, prima con Trump poi con Biden, arrivavano ingenti risorse statali destinate alle locali industrie.
La crisi non riguarda tuttavia solo il settore meccanico, in Germania ci sono fallimenti di molte aziende commerciali e del settore delle costruzioni, la debolezza economica è collegata anche all' aumento dei costi operativi. Le aziende tedesche avevano tratto giovamento dalle politiche dei bassi tassi di interesse e dalla austerità salariale nei paesi dove avevano delocalizzato la produzione, per aiutare le imprese erano arrivati fondi nei periodi pandemici quando i costi crescevano e il mercato iniziava a contrarsi. E intanto si annuncia a livello mondiale una sovrappoduzione di greggio che avrà ripercussioni ulteriori sui mercati tanto da spingere alcune multinazionali del settore a indirizzarsi verso i metalli.
L'espansionismo economico tedesco si è da tempo arrestato nella impossibilità di ricevere energia a prezzi stracciati beneficiando degli accordi commerciali con la Cina, ma ne esce offuscata la sua stessa egemonia nella Ue, palese l'avvicinamento di paesi dell'Est europeo verso gli Usa, è ormai lontana la fase caratterizzata dalla manodopera a basso costo in quei paesi, dalle importazioni a prezzi stracciati dell'energia e da accordi commerciali con la Cina.
Giorni fa scrivevamo che la Germania aveva avversato la imposizione comunitaria di dazi alle macchine cinesi, in questa campagna è in compagnia di altri marchi del settore meccanico europeo, resta il fatto che la decisione assunta dalla Ue introduce tariffe diverse a seconda dei rapporti commerciali ed economici con le differenti case produttrici di vetture e di componentistiche in Cina
E la crisi della Maggioranza governativa in Germania mette a rischio alcune decisioni strategiche già calendarizzate, e ora a rischio, nei lavori parlamentari: misure di sostegno alle industrie green, contributi al riscaldamento invernale, risorse destinate alle pensioni, misure di emergenza per l'industria a norme sulla immigrazione fino al pacchetto di richieste pervenuto dalle case automobilistiche.
Le prossime settimane ci diranno di più ma intanto lo spettro che si aggira per l'UE non è certo quello del comunismo e del conflitto ma veste i panni di una crisi che da economica presto si tradurrà anche in termini politici perché in tempi di ristrettezze economiche anche le solide maggioranze parlamentari sono destinate ad andare in frantumi specie se le loro economie andranno in recessione vanificando ogni sorta di bluff e di manovretta fiscale o spostando l’attenzione della opinione pubblica verso la contrazione dei flussi migratori quando invece i capitalisti imporranno ai Governi l’arrivo di un esercito industriale di riserva da sfruttare con la consueta ferocia.
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