Una manovra di Bilancio che penalizza i ceti medi?

di Federico Giusti
Il governo Meloni ha scartato ogni ipotesi di tassazione dei grandi capitali e delle plusvalenze dichiarandosi in sostanza contrario alla progressività della tassazione che necessiterebbe di tante aliquote fiscali quante ne esistevano dal dopo guerra a metà degli anni settanta del secolo scorso.
Al contempo il Governo ha rifiutato di introdurre il salario minimo nascondendosi dietro alle obiezioni del Cnel ma senza mai fornire atti di indirizzo alla contrattazione di secondo livello demandata invece alla libera e quindi assente) iniziativa delle associazioni datoriali. Oggi l'Italia è uno dei pochi paesi Ue dove non esiste il salario minimo e ove ogni ipotesi di patrimoniale viene tacciata come misura di aperta ostilità alle imprese e al libero mercato.
Le critiche alla manovra di Bilancio arrivano timidamente da settori padronali e assai più forti dai sindacati, non tutti, che hanno proclamato lo sciopero generale del 29 Novembre.
Ma tra le obiezioni alla manovra di Bilancio ne troviamo una degna di nota, si contesterebbe all'esecutivo di centro destra misure tali da penalizzare il centro medio
Ad oggi ci sono tre aliquote per l’Irpef (23% per redditi fino a 28.000 euro, 35% tra 28.000 e 50.000 euro, e 43% per i redditi superiori), a Manovra approvata le aliquote diventeranno sette.
Il quotidiano on line LentePubblica riprende l'analisi realizzata dall' Ufficio Parlamentare di Bilancio secondo la quale i redditi tra 32 mila e 40 euro annui avranno una tassazione più alta.
La Manovra di bilancio taglia il cuneo fiscale per i redditi fino a 40 mila euro annui, c'è chi rivendica i tagli almeno fino a 60 mila euro ma il problema di fondo resta ben altro: perchè non applicare un criterio rigido e progressivo per le tassazioni? La risposta è semplice. non si vuole toccare i redditi elevati regalando mance a quelli medio bassi ma senza una riforma complessiva del sistema di tassazione, a sorreggere l'impianto della Manovra di Bilancio resta la cultura della detassazione come antidoto assoluto per la erosione del potere di acquisto e la povertà salariale.
L'obiezione riguarda il mix tra bonus e detrazioni che alla fine imporrebbero ai redditi medi s un’aliquota maggiore rispetto ai redditi superiori.
Il taglio del cuneo fiscale parte dalla sforbiciata originaria dei contributi previdenziali per intervenire invece direttamente piano fiscale.
I contributi non saranno versati in busta paga come avvenuto fino ad oggi ma si avvarranno di un bonus fino a 20 mila euro mentre per quelli tra 20 e 40 mila ci sarà una detrazione fiscale che decrescerà progressivamente
L’Upb contesta la norma ipotizzando per un milione di dipendenti penalizzazioni con con il nuovo sistema, insomma avrebbero minori benefici pagando maggiori imposte, la richiesta è di non prevedere il sesto scaglione al 56% lasciando quello attuale di 11 punti percentuali inferiori.
La domanda da porci resta un'altra: il sistema di tassazione in assenza di reale progressività accresce le disuguaglianze sociali e fiscali ?
Risposta affermativa, ma dove sta l'inghippo della manovra di Bilancio governativa?
Intanto nel creare un sistema farraginoso giusto per non realizzare una autentica riforma del sistema fiscale in base alla autentica progressività ricorrendo a regole semplici e chiare per altro suggerite anche dal principio costituzionale di progressività.
Molte critiche hanno obiettivi diametralmente opposti ai nostri, pensano di ridurre ai minimi termini le aliquote fiscali quando invece dovremmo accrescerle di numero in maniera esponenziale.
Poi ci sono altre obiezioni, alcune delle quali discutibili, ad esempio che tra crisi economica e aumento della inflazione non ci sia bisogno della progressività quando invece siamo certi che porterebbe maggiore equità fiscale e sociale, recuperare risorse per il welfare andando a colpire direttamente le speculazioni finanziarie e i grandi capitali (ma una legge del genere, la patrimoniale, sarebbe invisa al centro destra e a settori anche della opposizione).
A chi parla poi di eccessive pressioni sulle imprese e sulle famiglie ricordiamo invece un'altra realtà, quella dell'aiuto eccessivo alle aziende e ai redditi elevati . A perdere potere di acquisto sono i salari medi e quelli bassi, a guadagnare in termini di profitti e di ricchezze i ceti elevati, non sarà allora il caso di aprire un confronto reale sul sistema fiscale in toto?

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