Sciopero generale, cantar vittoria resta comunque inutile

di Federico Giusti

Non è mai facile intervenire all'indomani di uno sciopero generale tra voci contrastanti sulle adesioni, letture parziali che non restituiscono mai l'insieme delle ragioni che portano alla mobilitazione.

Il primo dato utile, lo dico da sindacalista di base, è dato dai 3000 lavoratori sotto processo per le lotte della logistica, sono del resto loro la punta di diamante delle mobilitazioni contro il ddl 1660. Va detto con estrema chiarezza che la forza lavoro italiana, eccezion fatta per alcuni settori, è allo stesso tempo vittima e complice della concertazione, di logiche dimostratesi perdenti, dominate dalla passività e dalla delega.

Sarebbe sufficiente vedere i dati relativi agli scioperi nella Pubblica amministrazione per farsi una idea di come 3,2 milioni di lavoratori presentino adesioni irrisorie agli scioperi .

Molti uffici e scuole erano aperti, le adesioni restano basse per varie ragioni da affrontare una volta per tutte.

La delegittimazione dello strumento per eccellenza, lo sciopero, è data dalla limitazione imposta da oltre 30 anni a questo esercizio democratico, i servizi minimi essenziali hanno nel tempo minato l'impatto e la efficacia di una serrata, gli interventi continui del Ministero e della commissione di garanzia sui trasporti rispondono a logiche securitarie ma anche agli errori del sindacato dei cittadini tanto amato dalla Uil.

Davanti a uno sciopero va fatta sempre una scelta preliminare, per essere efficace devi "far male" alla parte datoriale e al governo, se invece ritieni che la priorità sia salvare il cittadino ti collochi in una ottica perdente in partenza, la cittadinanza che si reca a scuola e al lavoro vede un blocco dei mezzi di trasporti, degli ospedali, degli uffici come un disagio insormontabile, impedimento illegittimo e prevaricatorio a una normale quotidianità.

La limitazione del diritto di sciopero, le regole a disciplinarlo per ridurne la efficacia sono state un boomerang per il sindacato tutto, quello rappresentativo è stato complice della regolamentazione mentre in altri paesi questo genere di norme sono state subito respinte dalle parte sociali.

Tra la forza lavoro l'idea che lo sciopero non serva è sempre più diffusa, hanno gioco facile le demagogie securitarie che ironizzano sulla scelta del venerdì per allungare il weekend dimenticando che la decurtazione salariale è invece pesante e in certi casi insostenibile.

Sono molti i lavoratori che ci hanno confessato di essersi ammalati o di avere rinunciato alla partecipazione perchè alla canna del gas, impossibilitati a perdere dei soldi con un bilancio familiare ridotto all'osso.

Ma queste valutazioni personali, in tempi di crisi diffuse, non valgono ad esempio nel Pubblico impiego, una categoria da decenni abituata a sopravvivere e a lamentarsi fin dai tempi della Brunetta.

Aumentando il livello di istruzione dei dipendenti pubblici è calata la loro sensibilità sindacale e politica, con questi fatti urge fare i conti visto che la categoria alla fine porterà a casa aumenti contrattuali pari a un terzo della inflazione con inevitabile perdita non solo del potere di acquisto ma anche di quello contrattuale.

Poi esistono anche altre spiegazioni, ad esempio gli scioperi di categoria, scuola e sanità, troppo ravvicinati rispetto alla data dello sciopero generale.

Se non sei abituato a confliggere finisci con il pensare che uno sciopero sia già sufficiente ma è inutile negare il rafforzamento di logiche categoriali che alla fine hanno il sopravvento sull'interesse generale.

Mi ha colpito ad esempio che le lavoratrici addette alle pulizie in alcuni enti pubblici non abbiano scioperato quando sono le prime vittime sacrificali degli appalti al ribasso, come colpisce la assenza dalle piazze di tanti che hanno invece scelto di scioperare, disabituati nel tempo a dedicare tempo ed energie al conflitto. E' proprio la delegittimazione strisciante del conflitto di classe a inficiare la validità dello sciopero.

La partecipazione alle piazze è stata importante e con numeri decisamente elevati ma questa prima giornata di mobilitazione dovrebbe indurre fin da ora a comprendere quale strategia abbiamo per contrastare i piani governativi.

Siamo davanti a scelte nazionali e comunitarie che spingeranno sempre più gli investimenti verso il settore militare e le tecnologie duali, non esiste piena consapevolezza dell'economia di guerra come di un fisco iniquo senza le aliquote fiscali progressive per imporre dalle piazze il salario minimo e la Patrimoniale sui grandi redditi

La domanda, ancora senza risposta, è come continuare la mobilitazione nei prossimi mesi, urge quindi aprire un dibattito serio e costruttivo e superare intanto logiche perdenti di frammentazione e divisione, generalizzare lo sciopero e il conflitto in ogni ambito della società. Non ci sono scappatoie di sorta , farlo fin da ora per evitare adesioni ancor più basse al prossimo sciopero generale, saldare lavoratori e studenti dentro una opposizione che non dovrà fare scolti di sorta ai Governi locali e nazionali.

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