Vittorio Rangeloni è un giovane giornalista alle “prime armi” che ha seguito le sue origini nella sua missione di documentazione della guerra all’interno dei confini ucraini. Gran parte della sua incredibile esperienza è racchiusa in questo libro: “Donbass. Le mie cronache di guerra” (www.idrovolanteedizioni.it, 2021, 332 pagine, euro 20).
Nella primavera del 2015 Rangeloni si è avventurato nel conflitto ucraino, ma “L’EuroMaidan ha avuto inizio nella tarda serata del 21 novembre del 2013. Un’apparente innocua manifestazione contro l’allora Presidente Viktor Yanukovich, reo di non aver ratificato un trattato economico con l’Unione Europea, raccolse in piazza un centinaio di giovani ucraini filo-europeisti” (p. 6). Poi si generò il caos, con vari cecchini militari che spararono sui manifestanti e sulla polizia.
Alla “fine del febbraio del 2014, in seguito a numerose battaglie in cui la polizia dovette fare i conti con i manifestanti armati di molotov e armi da fuoco, Yanukovich fu costretto a fuggire dalla capitale, lasciando i palazzi del potere in mano agli insorti. Nonostante il presidente ucraino non avesse rassegnato le dimissioni, il Parlamento ucraino nominò un nuovo governo a interim, portando al potere gli esponenti di quei partiti che avevano guidato le proteste” (p. 7). La vera legalità non è quindi la loro specialità.
A metà maggio a Donetsk e Lugansk venne indetto un referendum a favore delle autoproclamate Repubbliche Popolari, in cui veniva “espresso il desiderio di autonomia dall’Ucraina”. Più o meno in quei momenti avvennero i famigerati omicidi di “Odessa, quando, il 2 maggio, il presidio dell’AntiMaidan presente di fronte al Palazzo dei Sindacati venne barbaramente assaltato. Gli aggrediti vi si barricarono all’interno cercando riparo dalla furia degli ultranazionalisti giunti in città con il pretesto di una partita di calcio. Il palazzo venne dato alle fiamme e una cinquantina di persone morirono al suo interno” (p. 9). Questo fu un nuovo grande “avvertimento a chi fosse intenzionato a mettere in dubbio l’autorità di Kiev”. La nuova autorità ucraina iniziò in questo modo molto paradigmatico e crudele.
In definitiva “La rivoluzione di Kiev ha rappresentato il trionfo dei doppi standard e dell’ipocrisia occidentale. Un laboratorio dove sperimentare e attuare tecniche di comunicazione e di interferenza negli affari di altri Stati, spacciando il tutto per democrazia” (p 23). Nessuno si sognerebbe mai di immaginare “una manifestazione armata e indisturbata anti-UE a Roma, finanziata dal Cremlino, con tanto di ambasciatore russo e deputati della Duma che da un palco in piazza Navona incitano i manifestanti a rovesciare il potere” (p. 23). Però in Ucraina è avvenuta una cosa molto simile.
Vittorio Nicola Rangeloni è nato nel 1991 e nel 2015 è stato condotto dal destino in Donbass, il territorio conteso dall’Ucraina e dalla Russia (la popolazione parla la lingua russa). La presenza di sangue russo nel giornalista italiano lo ha aiutato nell’ambientazione nel territorio con la guerra. Vive in Donbass ma è spesso in Italia per partecipare a eventi e conferenze in Italia. Per alcuni approfondimenti: https://www.byoblu.com/2022/03/04/reporter-in-donbass-vittorio-nicola-rangeloni; https://www.youtube.com/c/VNRangeloni; https://it-it.facebook.com/vnrangeloni. All’interno del libro sono presenti molte foto scattate in vari momenti.
Nota sulla Crimea – “Nel 1954, per festeggiare i 300 anni di convivenza tra la Russa e la Crimea, l’allora Presidente Chruscev, donò simbolicamente la penisola alla Repubblica Socialista d’Ucraina, convinto dell’intangibilità dei confini esterni ed interni dell’Unione Sovietica” (p.5).
Nota finale – “Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male, ma da quelle che lo tollerano” (Albert Einstein); “Il mio solo crimine è di vedere chiaro nella notte” (Un gufo); “C’è una regola aurea della medicina: parla solo quando hai tutte le informazioni” (Alberto Zangrillo, medico). Comunque aggiungerei questa cosa: una regola simile può essere utile anche per prendere le decisioni più fondamentali durante un conflitto armato.
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