Di L'Europeista Tollerante*
In base a quanto anticipato da Repubblica, apprendiamo di un piano presentato dall'Italia per il raggiungimento della pace in Ucraina. La proposta si articola in quattro tappe da affrontare: "il cessate il fuoco, la possibile neutralità dell'Ucraina, le questioni territoriali - in particolare Crimea e Donbass - e un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale".
Si tratta di un'iniziativa senz'altro positiva, che individua nella diplomazia la chiave per la risoluzione del conflitto. Due importanti deduzioni.
1) Il governo e gli ambienti diplomatici, nonostante la linea politica generale dell'alleanza a cui appartengono, mantengono un certo livello di pragmatismo: bisogna trattare con la Russia. In parte ciò è dovuto alle preoccupazioni del mondo industriale (le invettive di De Luca contro il segretario generale della NATO, durante un evento di Confindustria, per quanto teatrali, sono molto significative). La necessità di una trattativa emerge molto più a livello nazionale che a livello comunitario. Le istituzioni UE, a tutti i livelli, sembrano pervase da una sorta di fanatismo (basti pensare ai ripetuti deliri di Borrell). Di questo bisogna tenere conto.
2) La propaganda guerrafondaia dei media, più che come strumento descrittivo dell'azione del governo, andrebbe interpretata secondo la sua funzione interna, di condizionamento dell'opinione pubblica per rendere accettabili le conseguenze della guerra nel breve e nel medio (e nel lungo?) periodo. La propaganda è per noi, non è una narrazione adatta alla stanza dei bottoni e i suoi apparati burocratici.
Restano due considerazioni a margine.
La prima è che le condizioni di pace proposte potevano forse essere sufficienti a prevenire il conflitto, mentre oggi sono del tutto superate dagli eventi. I russi non accetteranno discussioni circa lo status di Crimea e Donbass e sulla futura neutralità del resto dell'Ucraina.
La seconda è che, comunque vada a finire, servirà una grande conferenza per la pace Europea, che includa UE e Russia e punti all'obiettivo di un progressivo riconoscimento e disarmo reciproco. Se non si riprende il cammino tracciato con la conferenza di Helsinki, come minimo avremo decenni di contrapposizione armata lungo una nuova cortina di ferro.
*Post Facebook del 20 maggio
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