“L’Ucraina sta perdendo fino a 200 soldati al giorno” a Bakhmut, scriveva il Times tre giorni addietro, facendo eco a un precedente articolo del Guardian che spiegava: “Le autorità ucraine insistono sul fatto che continueranno a tentare di tenere la città nonostante subiscano circa 100-200 vittime al giorno; il motivo di tale decisione, affermano, è più politico e simbolico che pratico. Ritirarsi dalla città adesso, dopo che tanti soldati sono morti combattendo per tenerla, sarebbe duro da affrontare”.
Così abbiamo finalmente il riscontro numerico alla carneficina in atto a Bakhmut, anche se approssimativo e per difetto, e la motivazione della scelta strategica, che però appare del tutto stralunata, dal momento che chi oggi afferma che non si può dar l’impressione che quei ragazzi siano morti invano sono le stesse persone, anzi la stessa persona (Zelensky), che ha deciso di far proseguire a oltranza tale mattanza, rifiutando persino i suggerimenti di segno opposto pervenuti dagli americani.
La follia al potere. Detto questo, la scorsa settimana Kiev ha annunciato che si appresta a lanciare una controffensiva per riprendere la città. Non sappiamo se tale annuncio abbia un fondamento reale o serva solo a rilanciare la posta per evitare un calo di tensione tra i militari e soprattutto tra gli sponsor di Kiev, ai quali deve essere venduta la certezza della vittoria sui russi perché continuino nel loro sostegno.
Tale la macchina infernale che si muove attorno alla guerra ucraina: se l’Ucraina non avesse reali speranze di vittoria è ovvio che tra i suoi sponsor più riluttanti si moltiplicherebbero i dubbi sul continuare a inviare armi e soldi, dal momento è folle portare avanti una guerra che non va da nessuna parte.
Così tocca alla propaganda spiegare che Kiev non ha affatto perso la sua spinta vittoriosa, anzi, perché anche se adesso deve subire, bisogna considerare che i russi muoiono a frotte, sono demoralizzati, i loro capi sono frustrati, odiano Putin che li ha ficcati in questo pasticcio, e presto le sanzioni inizieranno a mordere nel profondo le carni dell’economia russa. Di vero c’è molto meno della metà della metà, ma pompare tali notizie alimenta a dovere lo spirito guerriero degli sponsor di Kiev.
Certo, i media non possono più utilizzare la storiella che i russi hanno finito le munizioni e che, se anche non le hanno finite, le finiranno a breve; storiella ripetuta allo stremo fino a poco tempo fa, ma ormai superata dalla realtà dei fatti. Ma si può sempre ricorrere ad altro materiale, come si può notare.
Ma al di là dell’annuncio sull’imminente attacco contro le forze russe a Bakhmut, necessario appunto a riempire un vuoto narrativo, sembra che la controffensiva si stia preparando veramente, nonostante le lamentele di Zelensky sugli scarsi aiuti pervenuti a Kiev, che servono solo a sollecitarne di nuovi.
A indicare che la controffensiva si sta materializzando – anche se non c’è ancora certezza sulla sua effettiva realizzazione né sull’area nella quale eventualmente si dispiegherà – è il fatto che i carri armati di penultima generazione promessi da Germania e Regno Unito sono ormai arrivati ufficialmente a Kiev, insieme ad altri ammennicoli vari (jet, veicoli corazzati etc) provenienti da altri Paesi dell’alleanza e dalla Francia (anche dall’Italia, sì, ma siamo nel campo del residuale).
La controffensiva annunciata da mesi ha tutti i tratti del simbolismo messianico, data la connotazione salvifica che ha assunto, che la pone a un livello altro da quello militare, per cui è impossibile anche dare una tempistica, essendo anch’essa consegnata all’ambito misterico.
Per inciso, secondo fonti russe, che pure tendono a sminuire gli aiuti pervenuti all’Ucraina (diminutio che serve a relativizzare il sostegno internazionale del nemico), a Kiev sono arrivati armamenti da 54 Paesi e si tratta di oltre 1.000 carri armati e altri veicoli corazzati, 800 obici, 50 moderni sistemi di razzi a lancio multiplo e 2 milioni di proiettili di artiglieria.
Numeri che rendono l’idea delle vere forze che si stanno scontrando in Ucraina, che sono molto diverse dall’immagine del Davide ucraino contro il Golia russo col quale si dipinge il conflitto.
Un’immagine cara a Zelensky, ma tanto lontana dalla realtà che è invece quella di una vera e propria guerra mondiale, che oggi è limitata al Donbass e domani potrebbe divampare a livello globale. Anche perché non si fermano le spinte per alzare l’asticella del conflitto, come dimostra il nefasto annuncio britannico sulla fornitura di proiettili all’uranio impoverito, che “sicuramente susciterà una forte reazione da Mosca, prevedibile come la notte segue il giorno”, come si legge su Indian Punchline.
A complicare le cose il fatto che a condurre le danze, in qualità di portavoce dei suoi agguerriti sponsor, sia un personaggio di dubbia lungimiranza politica come Zelensky, più adatto a calcare le scene dell’avanspettacolo che a reggere le redini di un Paese nel quale si giocano i destini del mondo.
Su internet un suo spettacolo del tempo, nel quale si esibiva in una parodia dei cosacchi. Per il mondo sarebbe stato meglio che continuasse nella via intrapresa.
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