I nodi sulla famigerata "Controffensiva ucraina" vengono al pettine

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico


La tanto attesa (da alcuni) e declamata (da molti) controffensiva ucraina di primavera, che (tutti) i media di stretta osservanza euro-atlantica proclamano (senza per primi crederci) essere il colpo che costringerà «l'aggressore russo» a ritirarsi, sembra che sia sul punto di avverarsi. Sembra.

Gli ultimissimi pronostici parlano di probabile attacco ucraino in coincidenza con il Giorno della vittoria, il 9 maggio; anche se le previsioni che abbinano provocazioni armate, attentati, attacchi, a date o ricorrenze particolari, quasi mai si avverano, anche soltanto perché è proprio la presunta vittima dell'attacco che, in quelle occasioni, mobilita appieno le proprie difese. Nel caso della sbandierata controffensiva di Kiev, poi, le forze russe ne stanno da mesi tagliando ogni possibile spinta: le sempre più pesanti perdite ucraine dimostrano che, oltre all'efficacia dei colpi russi, alla dimostrata inefficienza di molti degli “aiuti militari” occidentali a Kiev, la junta naiz-golpista è costretta a mandare al fronte giovanissime reclute prive del minimo addestramento.

Comunque, a parere di alcuni esperti sentiti da Moskovskij Komsomolets, l'Ucraina pianifica un'estesa provocazione alla vigilia del 9 maggio, con attacchi a villaggi e cittadine russe in prossimità del confine russo-ucraino. E, secondo l'Institute for the Study of War (ISW) americano, in caso di insuccesso della controffensiva ucraina, Mosca potrebbe a sua volta attaccare lungo la direttrice sud, per liberare le zone delle regioni di Kherson e Zaporože occupate dalle forze di Kiev. Da parte sua, l'ex agente dell'intelligence dei marines, Scott Ritter, ha dichiarato che, in caso di offensiva, l'esercito ucraino si scontrerà comunque con enormi difficoltà, a causa delle perdite subite sinora.

Tra l'altro, appena due giorni fa sono stati colpiti i depositi di munizionamento e carburante ucraini nei pressi di Pavlograd, nella regione di Dnepropetrovsk, accumulati proprio in vista dell'offensiva sulla direttrice Zaporož'e-mare d'Azov; colpito anche lo snodo ferroviario, insieme ad alcune fabbriche di produzione bellica, come il complesso chimico che produce l'esplosivo per i razzi “Grom-2”. I razzi russi si sarebbero abbattuti specificamente sui concentramenti ucraini di S-300, “Buk”, “Ghepard”.

Come che sia, vari media occidentali ammettono che, a questo punto, Kiev è costretta all'offensiva, nonostante l'impreparazione del proprio esercito. Il britannico The Sunday Times scrive che, per motivi militari e politici, l'offensiva non può più essere rinviata, anche se, nonostante i 230 carri armati (tra cui 18 Leopard 2A6, 14 Challenger 2 e una trentina di Leopard 2?4) e i 1.550 veicoli corazzati ricevuti, Kiev non dispone di sufficiente difesa aerea. E, però, Zelenskij «non ha altra scelta che passare all'offensiva in primavera o in estate... per conservare il sostegno deve dimostrare quello che Washington chiama un "ritorno sull'investimento"». La CNN constata che lo sfondamento delle linee russe sarà una seria prova e le forze armate ucraine potrebbero non avere l'elemento sorpresa, oltre al fatto che Mosca conserva una chiara superiorità aerea.

In generale, osserva la russa Vzgljad, la stampa occidentale scrive sempre più spesso che la NATO chiede risultati tangibili, ma nessuno sembra credere al successo della controffensiva ucraina; così, per The New York Times, è improbabile che l'offensiva abbia successo: i soldati ucraini sono esausti e le scorte di armi stanno esaurendosi. Secondo Politico, la Casa Bianca si sta preparando a un possibile fallimento di Kiev, così come vari paesi europei. Ma Zelenskij proclama che «L'aviazione moderna ci aiuterebbe molto nella controffensiva. Ma non si può più ritardare; quindi la inizieremo prima di avere i caccia occidentali».

A parere dell'analista militare Mikhail Onufrienko, a oggi Kiev non è stata in grado di raggruppare nemmeno metà delle forze necessarie all'offensiva, mentre in gran parte dell'Occidente si tende sempre più a scaricare su Kiev la responsibilità per Artëmovsk, Lisichansk o Severodonetsk, nonostante la maggior parte delle decisioni politiche e militari vengano adottate a Washington.

Stanislav Tkacenko, docente della Facoltà di relazioni internazionali a Piter, parla di Zelenskij caduto nella trappola delle proprie ambizioni: «avrebbe potuto por fine al conflitto un anno fa a Istanbul, con perdite minime per l'Ucraina... Ma oggi, sotto la pressione di Londra e Washington, ha fatto troppo di ciò che restringe lo spazio di manovra. Non può tornare indietro: l'occidente gli chiede risultati al fronte e gli oppositori interni profitteranno della sua posizione precaria se agirà contro la volontà occidentale».

Comunque, è molto probabile che qualcosa di simile a un attacco si verifichi: nel peggiore dei casi (per Kiev), si potrebbe assistere a assalti, coordinati solo temporalmente, che la junta golpista potrebbe presentare come “offensiva di successo”. Kiev, scrive RIA Novosti, annuncia l'offensiva da fine autunno, ma ogni volta ritarda di un paio di mesi. Lo scorso dicembre, Financial Times scriveva che l'esaurimento delle forze aveva privato Kiev delle possibilità di successo nella campagna invernale: era dunque necessario rifornire gli arsenali e allestire nuove unità. Ora, a giudicare dai media occidentali e ucraini, le decisive battaglie primaverili sono state spostate all'estate. L'ex direttore della CIA David Petraeus è convinto che Kiev attaccherà tra fine maggio e inizio giugno, per tagliare il corridoio terrestre verso la Crimea. Secondo Politico, le due principali direzioni saranno verso la Crimea e da nord verso il Donbass. La tedesca Bild, citando fonti NATO, avverte che tutto si deciderà nei prossimi sei mesi, con gli scontri principali nella Repubblica popolare di Lugansk e nella regione di Zaporož'e. Ma, in ogni caso, secondo la CNN, nemmeno i carri armati occidentali porteranno a una svolta immediata. Mark Milley, capo del Comitato dei capi di stato maggiore del Pentagono, ha esortato Kiev a non vedere nei carri americani dei "proiettili d'argento": il “M1 Abrams”, dice, è il migliore al mondo, ma non si può vincere solo con quello.

Il capo dell'intelligence militare golpista Kirill Budanov è sicuro che prima della fine della primavera l'esercito ucraino entrerà in Crimea.

Interessante, che vari esperti, sia russi che ucraini, considerino i discorsi sulla controffensiva più importanti per la propaganda che non per la reale situazione sul campo di battaglia. Ruslan Bortnik, direttore dell'Istituto ucraino di politica, osserva che le continue voci su un imminente potente attacco permettono a Kiev di chiedere ulteriori aiuti. Chissà se poi saranno del tipo dei 20 mezzi di artiglieria semovente M109L inviati dall'Italia o scorso 16 aprile, non in condizioni di combattimento, di cui ha scritto Financial Times su fonte del Ministero della guerra di Kiev?

Il politologo ucraino Vladimir Fesenko ritiene che Zelenskij abbia commesso un errore quando ha iniziato a parlare di controffensiva su larga scala: «gli attacchi ucraini sono possibili solo in aree limitate e non è detto che potranno sfondare. Sembra piuttosto che andiamo verso uno scontro di posizione duraturo, per il quale la società non è però preparata».

Denis Denisov, dell'Università finanziaria presso il governo russo afferma che se Kiev avesse avuto l'opportunità di lanciare una controffensiva, l'avrebbe già fatto in inverno: «un attacco riuscito confermerebbe la correttezza del percorso verso la militarizzazione dell'Ucraina e l'efficacia dell'assistenza economica. Gli ucraini riceverebbero una prova concreta che Zelenskij sta mantenendo le sue promesse. Ma finora stiamo ascoltando solo dichiarazioni senza alcun fondamento, mentre il conflitto sta diventando meno intenso, come nel 2014-2015».

In generale, per la maggior parte degli osservatori, finora non ci siano segni di preparativi per un attacco alla Crimea.

E nemmeno il “grande alleato” di Kiev, la Polonia che sogna la nuova “Rzeczpospolita 2.0” in unione con l'Ucraina, crede in un qualche successo della junta, tanto che da tempo sia il presidente Andrzej Duda, che il primo ministro Mateusz Morawiecki dichiarano che, «in caso di sconfitta ucraina», le forze polacche dovranno entrare nelle regioni occidentali ucraine. Nel corso di un dibattito organizzato dall'Ufficio presidenziale per la sicurezza nazionale, nel contesto del conflitto ucraino, il capo di Stato maggiore dell'esercito polacco, generale Rajmund Andrzejczak ha dichiarato che «non vi è alcun segnale che la Russia non disponga di fondi sufficienti per la guerra», mentre «l'Ucraina si trova in enormi problemi finanziari» e nulla fa pensare che «gli ucraini fuggiti dalla guerra torneranno presto a casa».

Così che, anche dagli “amici più fedeli”, risuonano i pensieri di Macbeth che «le parole soffian gelo sul caldo dell'azione».

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