PICCOLE NOTE
L’ambasciatore degli Stati Uniti in Sud Africa ha accusato Pretoria di fornire segretamente armi alla Russia. Protagonista di questa sciarada è Reuben Brigety, in forza alla sede diplomatica africana dal febbraio dello scorso anno.
Probabile che in quest’anno Brigety abbia imparato a conoscere il formidabile apparato militar-industriale del Paese a cui è stato destinato e che si sia spaventato a morte quando ha scoperto, con sommo sconcerto, che esso è stato messo a disposizione dell’orso russo.
Il rischio, ovviamente, è che, grazie all’insperato aiuto delle formidabili armi sudafricane, Mosca prenda il sopravvento sulle forze ucraine. Potrebbe essere questa la risposta russa ai missili a lungo raggio inviati di recente a Kiev dai britannici. L’asso nella manica calato d’improvviso, in grado di ribaltare le sorti della guerra. Da cui l’allarme alto e forte dell’ambasciatore, riecheggiato su tutti i media mainstream con i dettagli del caso.
Non sappiamo se il signor Brigety abbia alzato un po’ troppo il gomito prima di dare il lacerante annuncio all’universo mondo, ma è più probabile che il diplomatico sia alla ricerca del suo momento di gloria, nel tentativo di ritagliarsi un qualche ruolo in questa campagna anti-russa.
Ciò nella segreta speranza che i falchi, tanto influenti nell’ambito della politica estera statunitense, notino il suo fervente zelo e ne assistano la carriera, così da portarlo finalmente fuori dal ristretto orizzonte nel quale si vede evidentemente costretto in quel di Pretoria.
Certo, il Sud Africa è membro del Brics, alla cui guida ci sono Russia e Cina, e in qualche modo deve pur trovare il suo posto nella lista dei cattivi. Ma l’eccessivo zelo a volte non favorisce la lucidità, da cui la boutade di cui sopra.
Il diplomatico avrebbe potuto escogitare altro e un pochino più credibile, ma evidentemente si è fatto prendere la mano.
Ma al di là del destino del povero Brigety, che si spera fausto, l’altro corno tragicomico della vicenda è che l’allarme è stato riportato da tutti i media senza un minimo cenno all’ironia del caso.
Nelle guerre, la propaganda da sempre vive di mezze verità, vere e proprie menzogne e sciocchezze varie, ma in quella ucraina sembra sia stata avviata una gara a chi la spara più grossa, grazie all’acquiescenza dei media, ai quali sembra sia stato imposto di obbedir tacendo.
Ma a furia di novellare in tal modo, la stampa rischia di perdere anche l’ultimo residuo di credibilità che gli è rimasto. Un vero peccato per chi fa questo mestiere da tempo e ricorda con nostalgia quando gli stessi media interrogavano, si interrogavano, riferivano con il distacco del caso i comunicati ufficiali, a cui facevano le debite pulci, e altro ancora. Quando cioè fare il cronista era esercizio serio.
Su quei media, l’allarme del povero mister Brigety sarebbe stato pubblicato in prima pagina. Seguito da relativa, assordante, risata.
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