di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Mentre alcuni media tedeschi, indizi alla mano, tornano a puntare il dito su Kiev per il sabotaggio dei gasdotti North stream 1-2, il politologo ucraino Konstantin (Kost) Bondarenko prevede per il proprio paese, o per quello che ne rimarrà, un dopoguerra fatto di tantissima disoccupazione, per la scomparsa di migliaia di imprese, e costellato di tante piccole e medie compagnie mercenarie, formate da ex militari e ex volontari nazionalisti e nazisti, tutte al soldo dei diversi oligarchi in lotta per spartirsi le ricchezze ucraine. Poche, per la verità, date le migliaia di imprese industriali privatizzate e svendute e i milioni e milioni di ettari di fertilissime terre già da anni in mano alle multinazionali agro-alimentari occidentali. Dopo la guerra, dice Bondarenko a Politnavigator, per i successivi cinque anni «ci saranno due modi per fare soldi in Ucraina. Il primo: accaparrandosi i fondi che verranno stanziati dall’Occidente per la ricostruzione; il secondo: una sorta di tratta di esseri umani, con la creazione di compagnie militari private sul modello dei “ wagneriani”».
E se il primo di quei due metodi è già da tempo in auge (ma, nel 2013 e 2014, la cosiddetta “rivoluzione della dignità” non aveva trovato un discreto appoggio popolare, perché diretta contro la corruzione del governo Janukovic?), intanto, però, mentre conduce una guerra per procura e celebra la cosiddetta “indipendenza”, l'Ucraina delle élite nazigolpiste può “vantare”, come fa notare anche il rappresentante russo all'ONU, Vasilij Nebenzja, il continuo inasprirsi di una dittatura che incarcera e assassina democratici e comunisti ed eleva a politica di stato la glorificazione del nazismo e dei suoi complici ucraini. E, affinché quella parte di popolazione ucraina succube della “ideologia” della “nezaležnosti” non smetta di credere ai proclami della junta e affinché ragazzi e giovanissimi (per i ventenni il discorso è diverso: il fronte contribuisce a “educarli”, ma non nel senso voluto da Kiev) crescano all'insegna di quella “ideologia”, ecco che da dieci anni si sta riscrivendo la storia ucraina e mondiale, per «riformattare il cervello dei propri cittadini», e si riscrivono in tal senso i testi scolastici.
In compenso, la junta “dimentica” di pagare i mesi di giugno e luglio ad alcune categorie di militari: richiamati, cadetti, parzialmente abili, degenti in ospedali militari. Questo è quanto affermato dalla deputata della Rada Solomija Bobrovskaja, che denuncia come la “dimenticanza” contraddica persino le leggi approvate dalla Rada stessa. E, per aggiungere beffa al danno, il politologo ucraino Andrej Ermolaev denuncia come, nonostante la guerra, aumentino «gli scandali di stato, miliardi vengano portati oltre confine, sperperati, spesi. E tutto questo non ha nulla di spassoso. Non si tratta di singoli casi di abuso: dimostra che lo stato, nascondendosi dietro la guerra, guadagna dalla guerra; e ci guadagna non con un'economia produttiva, perché l'economia è ferma, addirittura anche il complesso militare-industriale è in uno stato di paralisi, distrutto» La junta nazigolpista, dice Ermolaev, guadagna con gli «introiti che l’Ucraina riceve dai partner esterni. Vale a dire che deruba gli aiuti, il che significa che è parte attiva delle morti in guerra, perché qualcosa manca al fronte, qualcosa non arriva al fronte», viene imboscato e rivenduto.
È in questa situazione che la nazional-reazionaria, ex deputata della Rada, Irina Farion, dal canale NTA, incita a educare e addestrare bambini e giovani ucraini secondo idee nazionalistiche e guerresche. Per cominciare, urla Farion, il 1 settembre, in ogni scuola, soldati e ufficiali dovranno raccontare le proprie esperienze belliche, poiché è «molto importante quali messaggi educativi ricevano i nostri figli». Deve cambiare radicalmente, ha sproloquiato, il «metodo educativo e formativo, che dovrà essere militarizzato al massimo, dovrà essere nazionalistico e patriottico al massimo. Se qualcuno ha paura della parola nazionalismo, si compri un calmante».
A quanto pare, in diversi casi il “sistema Farion” ha già da tempo dato i propri frutti. Con dieci anni di propaganda nazista e un anno e mezzo di guerra con la Russia, le regioni sudorientali ucraine controllate da Kiev sono immerse fino al collo nella russofobia banderista. Lo ha affermato – ovviamente, in tutt'altri termini - a Kiev il capo Dipartimento delle istituzioni e dei processi politici dell'Istituto “I.F. Kuras”, Galina Zelen'ko. Evidentemente, commenta Politnavigator, la junta si è messa l'animo in pace per la perdita della Novorossija, e ora cerca di rassicurarsi auspicando che i nuovi territori costituiscano un problema per Mosca. In teoria, ha proclamato sarcasticamente la Zelen'ko, possiamo «congratularci con i russi per aver realizzato, con gli abitanti delle regioni orientali e meridionali, ciò che essi considerano anti-russo. Quelle regioni erano tradizionalmente filo-russe, ma ora la Russia sta combattendo per queste regioni sul campo di battaglia. E anche se la guerra dovesse protrarsi, e la de-occupazione dovesse essere rinviata, i russi avranno un problema in queste regioni».
È questa la situazione con il “patriottismo”, con il nazionalismo, con l'indottrinamento di giovani e meno giovani nell'Ucraina majdanista e golpista.
Anche in Russia, però, come nota la zjuganovista Sovetskaja Rossija, non si bada a spese per la formazione di una “autentica gioventù patriottica”. Per il progetto “ Educazione patriottica”, nel 2022 Mosca ha speso 11,4 miliardi di rubli (in realtà, appena l'1% del bilancio per l'istruzione), invece dei cinque previsti, e tre volte tanto quanto speso nel 2021 (3,4 miliardi). Per la maggior parte, i fondi sono andati all'acquisto di simboli statali, dato che, a partire dal passato anno scolastico, ogni lunedì mattina, prima delle lezioni, in ogni istituto scolastico si effettua l'alzabandiera. Inoltre, in 14 parchi multimediali storici denominati "La Russia: La mia storia", si sono completamente rinnovate le attrezzature espositive.
Dunque, si chiede Andrej Zakharcenko su Svobodnaja Pressa, quanto costa il patriottismo in Russia? Di quegli oltre 11 miliardi di rubbi, il grosso sarebbe andato agli stipendi di circa novemila consulenti dei direttori per l'istruzione e l'interazione con le associazioni infantili, ora obbligatori nei 49 soggetti federali della Federazione Russa. La seconda voce, per grandezza, sarebbe quella, appunto, legata agli alzabandiera, insieme alle lezioni “Conversazioni sulle cose importanti”. Al terzo posto, iniziative patriottiche quali, ad esempio, “Il movimento dei primi”, in sostituzione del precedente “Movimento russo degli scolari”, e il finanziamento del concorso “La grande transizione”.
A detta di qualche insegnante, se ancora i ragazzi delle primarie prendono le iniziative un po' seriamente, nelle classi più anziane l'atteggiamento è quasi “da circo”. Appena meglio con le "Lezioni di coraggio", con interventi di veterani delle operazioni in Ucraina, corrispondenti di guerra, delegati della protezione civile: con i bambini, ci sarebbe un certo effetto patriottico, ma i bambini stessi, per la loro età, difficilmente percepiscono correttamente, dice un'insegnante. Nelle classi elementari, gli ospiti vengono ancora bene o male ascoltati; ma non è così con gli studenti più grandi: fondamentalmente, per l’atteggiamento prevalentemente formale della maggior parte degli organizzatori.
Secondo il pubblicista Oleg Ivanov, la scelta della “formazione patriottica” è giusta, considerato, ad esempio, come «il maggior numero di avversari delle operazioni in Ucraina provenga dalla cosiddetta “generazione degli anni '90”, quando il patriottismo era non attuale e praticamente bandito. Quella generazione è purtroppo perduta per il Paese, non è più possibile farne dei patrioti: si è visto al momento dell'assalto ai varchi di frontiera con Georgia e Mongolia dopo l'annuncio della mobilitazione». Ecco quindi che si comincia dai giovanissimi. Ma anche Ivanov mette in dubbio l'efficacia delle iniziative e desidererebbe rimettere in auge alcuni dei temi di “educazione patriottica” dell'epoca sovietica, adattati però, evidentemente, alla Russia borghese.
Sergej Obukhov, del CC del KPRF, nello spirito del “ripristino della grande potenza”, lamenta che il governo intenda l'educazione patriottica in maniera «burocratica: si stanziano i fondi, e con ciò è tutto a posto». Ma l'educazione patriottica è prima di tutto «giustizia sociale, possibilità di una istruzione e di una vita dignitose... e invece la politica economica e sociale rimane immutata».
Lo storico Vjaceslav Tetekin, mentre deplora come «le due caratteristiche principali dell'attuale governo siano corruzione e incompetenza», afferma che l’educazione patriottica non può limitarsi a direttive burocratiche, ma «dovrebbe permeare tutte le sfere dell’attività statale ed essere presente nel lavoro dei media, nella cultura, nel cinema». Lo stato, dice Tetekin, dovrebbe riflettere sul fatto che il patriottismo russo sia vivo nonostante lo stato, e non grazie ad esso. Nella provincia profonda, si sostiene l'operazione ucraina, solo grazie al ricordo della Grande Vittoria. Dunque, il popolo, con il proprio patriottismo spontaneo, agisce per conto proprio, mentre lo stato naviga per suo conto, segue la corrente e elargisce denaro come “messinscena"».
Quando il patriottismo viene messo in moto sono nell'interesse della classe borghese!
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