PICCOLE NOTE
“Funzionari statunitensi ed europei hanno iniziato a parlare in maniera esplicita con il governo ucraino su quali possibili negoziati di pace con la Russia si potrebbero intraprendere per porre fine alla guerra, riferisce un importante funzionario americano e un ex funzionario, altrettanto importante, che ha familiarità con i dialoghi in corso”. Così la NBC news.
A quanto pare, l’America ha preso coscienza che l’Ucraina sta “esaurendo le forze, mentre la Russia ne ha una riserva apparentemente infinita”, come annota sempre la NBC.
All’Ucraina, a quanto pare, è stata data anche una scadenza. Infatti, le stesse fonti hanno “affermato in via riservata che l’Ucraina probabilmente avrà tempo solo fino alla fine dell’anno, o poco dopo, prima che inizino trattative più stringenti sui negoziati di pace. I funzionari statunitensi hanno condiviso le loro opinioni su tale tempistica con gli alleati europei”.
La NBC ha aggiunto che ormai sul fronte c’è una situazione di stallo, cosa peraltro riconosciuta anche dal Capo di Stato Maggiore ucraino Valery Zaluzhny in un intervento sull’Economist (in realtà, la Russia continua a degradare l’esercito di Kiev, ma è un particolare).
Di tale intervista avevamo scritto il 26 ottobre, in una nota dal titolo: “La guerra è persa, ma non si può dire“. A quanto pare, ora si può iniziare a dire. Non siamo ovviamente profeti, bastava semplicemente stare alla realtà.
Anche il Time dice che siamo al The End. A decretare tale esito non è solo la stanchezza degli alleati, il deficit di armi e munizioni, ma soprattutto il fatto che non esiste più neanche l’esercito ucraino.
Così il media americano: “Dall’inizio dell’invasione, l’Ucraina si è rifiutata di rendere pubblico il numero ufficiale di morti e feriti. Ma secondo le stime statunitensi ed europee, il bilancio ha superato da tempo le 100.000 persone per ciascuna delle parti in guerra [le vittime ucraine dovrebbero essere ormai superiori alle 300mila ndr]”.
“[La guerra] ha eroso così gravemente i ranghi delle forze armate ucraine che gli uffici di leva sono stati costretti a richiamare persone sempre più anziane, ciò porta l’età media dei soldati ucraini a circa 43 anni. ‘Sono uomini adulti ormai, e non sono poi così in salute’, dice uno stretto collaboratore di Zelensky”.
“[…] In alcuni rami dell’esercito, la carenza di personale è diventata ancora più grave del deficit di armi e munizioni. Uno degli stretti collaboratori di Zelenskyj mi dice che anche se gli Stati Uniti e i loro alleati fornissero tutte le armi promesse, ‘non abbiamo più uomini per usarle'”.
Questo anche il destino degli F-16, ultima arma magica destinata a Kiev, semmai arriverà sul campo di battaglia (probabilmente no, troppa la paura dei fornitori di vederli abbattuti come mosche, sul punto rimandiamo all’articolo di Piccolenote succitato).
Ma a colpire è che finalmente si accenna alla catastrofe dell’esercito di Kiev, i cui ranghi si sono ulteriormente ridotti nelle ultime settimane nello scontro di Avdiïvka, dove le truppe ucraine sono state destinate all’usuale macelleria contro le preponderanti forze russe.
A gennaio, dunque, si dovrebbe arrivare al redde rationem, e ciò perché si teme che l’esercito ucraino, ormai alle corde, crolli improvvisamente e i russi dilaghino. Ma sul punto c’è opposizione. Le forze che hanno spinto Kiev a immolarsi contro i russi non vogliono ammettere la sconfitta, da cui la strenua resistenza di Zelensky.
Infatti, su tale prospettiva si registra lo scontro tra la leadership militare e l’entourage del presidente, come annota anche Strana: “Vengono segnalati casi in cui i militari si rifiutano di eseguire gli ordini di attacco impartiti dalla leadership politica del paese, affermando di non avere né risorse umane né materiali”.
Lo scontro ormai è aperto, come segnala l’intervista del capo delle forze armate, Valery Zaluzhny, all’Economist (vedi il succitato Piccolenote) che, di fatto, è un’autocandidatura alla successione di Zelensky per gestire le difficili trattative con Mosca.
Avendo egli dichiarato che il fronte è ormai in stallo, ha di fatto detto che è ora di passare a un’altra fase. Certo, nell’intervista all’Economist il Capo delle forze armate ucraine parla ancora di possibilità belliche e astrusità similari, ma è chiaro che lo stallo condanna il conflitto a un congelamento in stile coreano (vedi Piccolenote).
La possibilità di una successione di Zaluzhny a Zelensky era ventilata da tempo nel segreto e ora è diventata pubblica. E lo scontro è aperto. Lo racconta nel dettaglio un articolo di sito Reporter, che ricorda il lungo scontro tra il presidente e le forze armate, fattosi incandescente al tempo della battaglia di Bakhmut, che il presidente volle difendere a tutti i costi – e i costi furono altissimi – mentre i militari volevano ripiegare per evitare una carneficina inutile, dal momento che la battaglia era evidentemente persa.
Ma, se segnaliamo la nota di Reporter, è per il titolo e la data: “Zelensky vs Zaluzhny: Bankova sta valutando l’eliminazione fisica del comandante in capo delle forze armate ucraine”, articolo del 29 ottobre (per Benkova s’intende l’ufficio presidenziale, sito appunto in Benkova Street).
Ieri è stato arrestato per frode l’ex vice-ministro della Difesa, Vyacheslav Shapovalov, riaprendo il verminaio delle ruberie al ministero della Difesa che fu scoperchiato mesi fa e che aveva come obiettivo il Ministro della Difesa e lo stesso Zaluzhny, che intervenne nel segreto per chiudere il caso.
Sempre ieri, la rimozione del capo delle forze speciali Viktor Khorenko, decisa dal presidente senza consultare il Capo delle forze armate, e il pacco bomba scoppiato in faccia al braccio destro di Zaluzhny, Gennady Chastyakov, morto sul colpo (era un regalo di compleanno…).
Tante coincidenze sfortunate si incrociano in questo ambientino niente male, esaltato per mesi come faro della democrazia contro il buio dell’autoritarismo russo. Allo scontro partecipa anche l’ex consigliere del presidente Alexei Arestovich, da tempo critico della leadership ucraina, che in un post ha rinnovato la sua avversità a Zelensky, spiegando che il problema non sono le critiche dell’opposizione, ma le sue defaillance.
Così l’Ucraina si avvia a un periodo di torbidi, degno crepuscolo degli dei, come è ovvio che fosse questo Endgame della guerra, tanto scontato quanto lontano dai sogni di gloria spacciati per verità rivelata dalla leadership ucraina e dai media d’Occidente proni alla propaganda NATO.
Guerra persa, dunque, anche se Zelensky lotterà sino alla fine, sempre che riesca a conservare gli appoggi esteri necessari a resistere. Da questo punto di vista, il suo destino appare identico a quello del premier israeliano Netanyahu: ambedue sanno perfettamente che, appena le spade saranno rimesse nel fodero, una di esse resterà sguainata, quella che i loro oppositori useranno per tagliar loro la testa.
Per inciso, anche se la sconfitta sarà accreditata agli ucraini, si tratta di una débacle netta della Nato, che ha perso a ogni livello questa guerra per procura contro la Russia che ha incenerito la derelitta Ucraina, sacrificata sull’altare dell’egemonia globale americana. Ci torneremo.
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